L’ultimo “Segno” per i bambini della scuola materna.

Testo e fotografia  di Vincenzo Battista.

“Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare…”. Con questa ” dichiarazione” di Pier Paolo Pasolini sui “diritti”, spesso inconfessabili dei giovani, che sembrano senza tempo, si apriva il catalogo ” Segni” di Carla Mastropietro (1954 – 2001): un viaggio con la macchina fotografica alla ricerca di un mondo diverso, esplorato dal punto di vista della migliore fotografia. Quella che si trova a suo agio dentro le metafore, i simboli; quella che si concentra si dettagli, questa volta, del mondo giovanile della città. Venti fotografie (anno 1998), in definitiva, di un catalogo formato 12×12, finito anch’esso per diventare una metafora, che Carla, insegnante, toglie dal cannibalismo del consumo quotidiano di immagini, e la consegna a una irripetibile e personalissima esperienza sulle icone giovanili: piercing, tatuaggi, acconciature, mode, atteggiamenti e trasgressioni: “segni” che illustrano i giovani “per come sono” nelle immagini in bianco e nero di una ricerca antropologica, visuale, sulla cultura giovanile appunto realizzata da Carla nella sua vita breve le cui tracce ci portano davanti a un altro “segno”: la scuola materna “S. Francesco”, che non si chiamerà più così. Le insegnanti e i bambini sono radunati davanti l’ingresso della scuola ” Carla Mastropietro” tra un’enorme commozione che a stento si riesce a trattenere, ma non quando si tratta di cercare le parole per spiegare il perché di quella intitolazione, nuova, coraggiosa e difficile da ottenere nel quadro normativo della granitica istituzione scolastica. Una pattuglia di insegnanti è riuscita nell’intento, restituendo il senso di appartenenza di una storia di provincia, forte poi nella collegialità e nella perseveranza di una scelta su una maestra che in quelle aule scolastiche ha lavorato. Per dieci anni, inoltre, Carla Mastropietro è stata redattrice de ” Il Messaggero” in qualità di fotografo. Ha realizzato attente e particolari iniziative legate alla comunicazione dell’immagine in bianco e nero: ” I rumori inascoltati” nella frazione di Campana e poi a Roma nella galleria Ferro di Cavallo, per passare alle collaborazioni con il Teatro Stabile, l’Arci e il Teatro per l’infanzia L’Uovo, oltre le documentazioni sul paesaggio abruzzese con il consorzio Arca Abruzzo. Nella targa che la ricorda posta all’ingresso dell’edificio scolastico, sotto il nome, ci sono tanti omini uniti tra loro, quelli tagliati con la forbice, che si aprono, a fisarmonica, quasi per magia: sicuramente le piaceranno.