Il luogo rupestre e antico della “Pietra Bona”.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Mille piedi, ma dobbiamo ancora alzarci mi dice Giorgio Zecca, per superare, e alla fine quasi sfiorare, le creste di Forca Caruso, uno dei passi più conosciuti della provincia dell’Aquila, ma anche ” gelido spartiacque” scrivevano i viaggiatori stranieri nel Grand Tour del Settecento, tra la conca del Fucino, alle nostre spalle, e la valle Subequana, che dall’elicottero improvvisamente ci appare. Una grande piano inclinato, ” dove l’acqua pende” dicono, e si riunisce, alle sue quote più basse, fino a Molina e al fiume Aterno; un paesaggio che disegna un grande imbuto, solcato, al centro, da una profonda incisione calcarea, il vallone di Rio Scuro, ambiente rupestre per svariati chilometri che s’incunea, a volte tortuoso, profondo, sinuoso, e dà luogo ad una faglia, che sembra incisa con una sgorbia; decidiamo: con l’elicottero Robinson R 22 ci entreremo dentro. Il rumore assordante dalle pareti rimbalza dentro l’abitacolo, le quote delle creste sono sopra di noi, ai lati, viriamo e finalmente la scorgiamo, sulla parte orientale del vallone, alla base di una massa calcarea di un torrione che scende verticalmente sull’antico impianto architettonico: l’eremo di Santa Maria di Pietrabona, sito miracoloso, meta il Martedì di Pasqua di uno dei più solenni pellegrinaggi in onore del culto della pietra che guarisce, punto notale della memoria collettiva, segno e stazione di un pellegrinaggio particolarmente sentito e di un itinerario religioso, percorso penitenziale dei più arcaici che si conoscano in questa parte dell’Abruzzo interno avvolto da misteriosi retaggi religiosi soprannaturali, spesso inspiegabili. Santa Maria di Pietrabona è una delle “tre sorelle – dicono – che almeno una volta l’anno, un buon cristiano deve visitare”. Le altre, a poca distanza, sono la Madonna del Soccorso e la cappella di Santa Maria, nei pressi di Castel di Ieri che raccontano storie miracolose come la “Pietra Buona” che guarisce e protegge, dalle malattie dell’infanzia. Questo un racconto: ” Sono nata a Castel di Ieri nel 1915. Con mamma andavo tutti i giorni al santuario. Eravamo otto figli, mi portava con l’asino fino al santuario e in braccio per il sentiero, fino alla cisterna. Aveva una bagnarola grande, prendeva l’acqua dal pozzo, mi bagnava e chiedeva alla Madonna di farmi guarire o di riprendermi con sé, perché non poteva sopportare quello. Recitava le preghiere, invocava, poi mi metteva sull’altare destro della chiesa dell’eremo. Tutto questo è durato tre anni, io avevo otto anni quando mia madre è morta e nessuno mi ha più portato alla Madonna di Pietrabona. Poi ho sognato che andavo al santuario, camminavo, ho visto la Madonna sopra la roccia. Lei si è alzata, e venuta verso di me ed ha fatto tre segni di croce nelle mie parti malate. Dopo questo sogno ho cominciato a migliorare e poi a nove anni c’è stata la guarigione”.

 

Le immagini.

Il gesto, “l’offerta” di una madre alla statua della Madonna di Pietrabona, la preparazione della processione, il santuario e la raccolta dell’edera miarcolosa, i luoghi dei miracoli.