“Chi lavora con le api, apprezza il mondo”. Il miele e la sua fiaba…

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Premessa.

La pittura rupestre, la più antica, realizzata con scaglie di carbone nella grotta del ragno “Cueva de la Arana”, nei dintorni di Valencia in Spagna, datata 5000 a. C. mostra una persona dalla lunga capigliatura che risale le liane (giuntate tra loro), fino ad un favo di un tronco d’albero dal quale, con una mano, preleva il miele e con l’altra mantiene un contenitore con il becco e dal lungo manico circolare. La persona sorregge il corpo con le ginocchia riunite e puntate, e per questa ragione può muovere entrambe le braccia nell’azione di estrazione del miele e nel suo raccolto nel vaso. Intorno, le api, fortemente ingrandite rispetto alla persona, aumentano la minaccia dell’iconografia parietale.

 

“Chi lavora con le api, apprezza il mondo”, è la prima frase ad effetto che mi dice Domenico Picco nella frazione di Arischia ( Aq), alias “ il guardiano” della porta del Chiarino, gestore e chef ante litteram del rifugio “Fioretti”, ma anche artigiano – apicoltore per passione, di una famigli allargata, le sue api, che non sono solo miele ma una fonte di nutrizione e soprattutto una farmacia diffusa (le arnie in legno sono distribuite sul paesaggio naturale dell’Alto Aterno), in una quota intorno agli 800 metri, nelle contrade “ Colle Agliano”, “ Vigne di Pizzoli”, “Perraci” “Frattale” dove si cibano di polline (il seme dei fiori) e nettare ( sostanza dolce del fiore) di tarassaco, acacia, biancospino e rovo, santoreggia e molto altro. L’inverno, per non defecare dentro l’alveare, le api, la società più studiata e ammirata, escono e rischiano la morte per mantenere la purezza della propria casa… E’ questo uno dei tanti passaggi del suo racconto sulle api e le relazioni del gruppo esteso, i comportamenti, le azioni come per l’ape regina feconda (può vivere dai due ai sette anni d’età) a cui è legata la riproduzione: la madre di tutte le api. Le operaie, le ancelle, non le danno mai la schiena, non si girano mai, sempre con la faccia si accostano a lei, per riverirla… Per fare la selezione, poi, l’ape regina, sale in alto con il suo richiamo, sfida, a 2000 metri – sembra una fiaba – determina la distinzione del gruppo, porta in alto i maschi, chi deve appunto fecondarla e avere infine il primato della stessa fecondazione – dicono Domenico e Caterina – e pochi riescono a starle dietro attratti dal canto della regina, sì il canto, suoni acuti, segnali vibranti, modulati, richiami che solo un attento apicolture può riconoscere, poiché l’energia della vibrazione risuona nel torace: una meraviglia. Nelle 50 arnie di Domenico, 20.000 circa sono le api che si “pesano”, hanno una quantità specifica: un chilo equivale a 10.000 api. Nei mesi di aprile – maggio la famiglia delle api si rinnova con una giovane regina, nasce su 10, 12 celle reali (spesso si collocano nella parte bassa del telaio). La prima che nasce fa selezione e uccide tutte le altre, le anziane, la madre, e con un gruppo si caricano di miele “sciara”, forma una nuova famiglia ma senza di lei nessuno sopravvive. Appartiene ad una casta, pura, una gerarchia rigida capace di deporre fino a 1.500 uova in un solo giorno. Il miele, infine, utilizzato nei riti propiziatori e magici, di prosperità, fertilità e donato all’amore nella sua purificazione, dai favi (sono un raggruppamento di celle esagonali a base di cera d’api, costruito dalle api nel loro nido per contenere le larve della covata), viene filtrato, e quindi dal melario al telaio, dove si preleva il miele e, con il coltello elettrico in grado di scioglierlo, si screma lo stesso miele che poi prende il suo carattere ( il gusto) si porta a maturazione e dopo diverse settimane: è pronto a novembre. La pappa reale è il nutrimento più energetico, più complesso che esiste nell’alveare, nutre le larve immerse nella pappa reale, sostanza esclusiva dell’ape che diventerà regina feconda, nel suo apparato genitale e nel suo mito quando, il re, piangeva, le lacrime si trasformavano in api…

 

Le immagini.

“ Cueva de la Arana” – pittura rupestre (riviste.unimi.it). Il miele viene prelevato dai favi del telaio in legno e dal melario, selezionato e filtrato per la stagionatura di alcune settimane.