La frontiera del lavoro e del culto. Un altro Gran Sasso d’Italia.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

L’Ordine cistercense ( XI secolo) si diffuse in Europa, e associava alle regole estreme religiose nella preghiera e nel duro lavoro, la costruzione di strutture produttive, come le grance di montagna presenti  nelle terre alte dell’estesa area appenninica del Gran Sasso d’Italia, finalizzate alla bonifica del territorio. Lì trovavano impiego e lavoro coloni, laici e monaci nel lavoro della gestione degli armenti nel pascolo e nei prodotti derivati da questa attività: lana, carne, prodotti caseari. I capitali, reinvestiti, erano funzionali a quella concezione fondiaria del paesaggio, reso produttivo e colonizzato, anche se si trattava di aree estreme soggette ai lunghi inverni e complesse quindi nella mobilità di uomini e merci in relazione ai trasporti. La grancia quindi, sito di stoccaggio, conservazione e accumulo delle ricchezze che offrivano le doline attraversate dagli armenti in una economia stanziale e poi transumanate, e le gobbe coltive ( produzione di cereali e legumi ancora oggi ) dei piani carsici che scendono ad occidente dalla barriera calcarea appenninica del Gran Sasso d’Italia fino ai borghi storici.

 

Il monastero cistercense di S. Maria di Casanova, che possedeva la grancia di S. Maria del Monte, siamo intorno al 1232, entra in possesso della Chiesa di S. Maria ai Carboni ( 1260 m.) con le sue aree contigue. La conca coltiva oggi è recintata per proteggerla dai danneggiamenti dei cinghiali. Ai margini, in un labbro rialzato del suolo denominato “le Locce”, è presente appunto l’edificio di S. Maria ai Carboni ripartito in una cappella (ancora pavimentata con grandi lastre in pietra e tracce di intonaco sulle pareti), un altare e una nicchia alla sommità con funzioni di culto associativo – un tempo – per la comunità residente. Il contesto architettonico versa nel più completo abbandono e nel continuo saccheggio di quel che rimane. Completa la vistosa cubatura della costruzione che emerge imponente rispetto al paesaggio naturale un locale, ancora oggi utilizzato per il ricovero degli animali con copertura di pietre e calce a formare la volta a botte. Ancora l’interno, ma in un altro ambiente, adibito a ricovero degli uomini, presenta archi a tutto sesto con conci in pietra lavorati a sostegno del tetto in legno a due falde. L’edificio si appoggia sulla curva di livello del suolo che scende nella conca, con diversi ingressi della struttura contrassegnati dai portali e dalle cornici delle finestre in pietra. Assume ancora oggi prestigio, autorità, sigillo, e controllo infine socio-economico della vasta area paesaggistica.