Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Pacentro, nella Valle Peligna, 7 km nord- est di Sulmona è centro di antica cultura pastorale.  Il borgo, urbanisticamente, riflette i caratteri dell’architettura popolare orientata nell’attività prevalente della pastorizia. Situato ai bordi di uno dei più importanti tratturi d’Abruzzo a ai piedi degli alti pascoli che si estendono fino alle pendici della Maiella. E’ questa la storia della ricerca sul campo svoltasi nel 1980 e nel 1981 da Vincenzo Battista e Bruno Ramunno. In termini ridotti è un inventario delle permanenze e trasformazioni di questo mondo che era solidamente strutturato per leggi economiche complesse ( diritti di pascolo, di passaggio, regolamentazione del baratto, scambio di prestazioni) per legami “ clanici” ( trasmissione per tradizione orale di esperienze segrete, interventi per malattie, luoghi sicuri e no, percorsi e tane degli animali selvatici, leggende ed accadimenti prodigiosi) e infine, per una efficace organizzazione associativa nella distribuzione del lavoro e nell’equa ripartizione dei ricavi. La transumanza per duemila anni è stata il tramite dello scambio tra culture diverse (come testimonia il bassorilievo di età tardo-repubblicana del Museo di Sulmona) provocando interventi ed alleanze che hanno segnato in misura determinante la storia sociale della Regione. A Pacentro resiste una comunità di pastori, ormai assai ridotta di numero, confinata in una economia di sussistenza che si è trasportata nel tempo, con tecniche e modelli del lavoro pastorale, linguaggi e regole, segni e codici comportamentali, tali, da risultare una delle più profonde permanenze, di una comunità associata, alle pendici della Maiella. Questa società conserva vitali le proprie conoscenze dei fattori naturali, le certezze dei rapporti interpersonali ed è ancora capace di gestire uno spazio – territorio che le appartiene per uso ed esperienza. Nello spazio fisico del borgo e, soprattutto negli accampamenti pastorali della Maiella occidentale, si sono formate leggi e usanze che contraddistinguono il gruppo per la sua organizzazione chiusa. La comunità dei pastori si è adattata alle necessarie integrazioni con il resto della popolazione, ma conserva nel quotidiano lingua, riferimenti tecnici, strutture economiche organiche di formazione arcaica. Esempio emblematico e “l’arbio”, una creata unità di misura per la ridistribuzione dei profitti che tiene conto di tutte le varianti economiche, ambientali, climatiche che condizionano la vita dei pastori.

 

Il borgo di Pacentro e le case- torre sul perimetro murario

a-1

 

Pacentro e il  monte Morrone. Sotto, i campi terrazzati e coltivati, scendono fino al fiume Vella

a-2

 

La casa dei pastori nel borgo di Pacentro

a-3

 

Una quinta di case che cingono il centro storico di Pacentro

a-4

 

La sommità del colle su cui si appoggia urbanisticamente Pacentro

a-5

 

Le case costruite, orograficamente, sulle curve di livello che declinano nel fiume Vella. Vie cordonate, passaggi coperti e corti comuni, caratterizzano il lavoro contadino e pastorale.

a-6

 

L’impianto urbanistico di Pacentro sormontato dal castello Caldora, alla sommità.

a-7

 

Le case si sviluppano su un asse verticale

a-8

 

Il ritorno del gregge in una stalla di Pacentro. L’accesso nell’area meridionale del borgo di Pacentro per il passaggio dei capi ovini

a-9

 

Le torri del castello Caldora, il recinto fortificato, alla sommità dell’abitato. Le case-torre, sotto l’impianto difensivo, sono una costante antropica del borgo

a-10

 

Archi, sottopassi, vie cordonate e passaggi stretti, caratterizzato l’abitato di Pacentro

a-11

 

Una casa costruita su una torre perimetrale del borgo. L’asse viario raggiunte gli edifici religiosi e la piazza di Pacentro

a-12

 

L’area meridionale di Pacentro e il rientro del gregge, e il primo nucleo urbanistico sui terreni coltivati

b-1

Un asse di accesso alle stalle del borgo

b-16

 

La cucina e gli oggetti in rame: l’artigianato locale, la cultura della casa, il diagramma d’uso della cucina

b-17

 

I marchi per riconoscere i propri capi ovini riuniti in un unico gregge, formato da più proprietari, lo stazzo, la giornata al pascolo

b-2

 

I guadi, i passaggi per la mungitura. Il legno di faggio, dei boschi nel versante occidentale della Majella, viene utilizzato per la costruzione degli accampamenti pastorali

b-3

 

L’uscita dal recinto per il pascolo: la conta dei capi

b-4

 

Il pascolo in località “Prati della Macchia”, versante occidentale della Maiella

b-6

 

Gli interventi sugli animali: ” La suttarella”

b-7

 

La mandria è difesa dai mastini abruzzesi nel perimetro del pascolo. Il gregge esce dal recinto

b-8

 

Dopo la mungitura, il latte viene filtrato. Poi portato a temperatura per la lavorazione del formaggio e ricotta

b-9

 

I marchi degli agnelli. Ogni piccolo proprietario di capi ovini riuniti nel gregge collettivo, interviene sugli animali per riconoscerli

b-10

 

Il rientro, la sera, della mandria e la mungitura. Due mungiture: all’alba e al rientro, la sera, del gregge

b-11

 

Gli interventi sugli animali. I pastori curano le malattie del gregge frequenti, soprattutto durante il pascolo, oppure nelle stalle, al rientro

b-12

 

b-13

 

A sinistra, nello stazzo “Prato della Macchia” Vincenzo Battista; a destra Bruno Ramunno. La ricerca sul campo : una delle più importanti esperienze di “rilevazione dei segni” per conoscere la cultura dei pastori di Pacentro

b-14

 

b-15

 

Gli interventi sugli animali: ” flusso di sangue”

b-18

 

La mungitura in una stalla di Pacentrob-19

 

Il rientro dal vallone del fiume Vellab-20

 

I pastori di Pacentro

c-1

 

c-2

 

c-3

 

Lo stazzo, all’alba

1-g

 

La tosatura e i gesti del lavoro

 

1-f

 

2-f

 

3-f

 

4-f

 

Le statuette del presepe in terracotta di Giuseppe Avolio, artigiano-artista di Pacentro.

“Se le greggi pastureranno tra selve e saltus – scriveva nel manuale “De re pecuaria” Varrone, nell’epoca di Roma repubblicana – occorreranno pastori giovani e nel pieno delle forze, che sappiano maneggiare un’arma con la quale proteggere le pecore dai lupi”. Non era armato né nel pieno delle forze e soprattutto era solo il pastore sotto i cui occhi attoniti, ieri mattina, un branco di setto-otto lupi ha fatto una strage di pecore su una collina tra Sulmona e Pacentro. Una strage anomala, hanno subito commentato gli esperti della Forestale soprattutto perché l’attacco al gregge è avvenuto nelle vicinanze dell’abitato di una città, Sulmona appunto. Venti pecore uccise, altrettante ferite ed altre cinque disperse. Questo il pesante bilancio dell’assalto “militare” messo a segno dai lupi nella tarda mattinata di ieri, in località Macerre, a metà strada tra Sulmona e Pacentro. Forse lo stesso branco che era stato avvistato, a pochi chilometri di distanza nei giorni scorsi nei pressi dell’abitato di Pettorano sul Gizio, dalle guardie forestali che avevano provveduto ad allertare tutti gli allevatori della zona. Il pastore ha cercato di difendere il suo gregge, il suo lavoro, il suo reddito. Ma non c’è riuscito. Ha anche chiesto aiuto agli agricoltori che in quel momento erano in zona. Niente da fare contro la più mirabile “macchina da guerra” che la natura abbia saputo inventare, il re dei mammiferi dell’Appennino, che ha “un hardware “incorporato” nel cervello”, spiega l’etnologo aquilano Vincenzo Battista il quale ha raccolto svariate testimonianze di pastori dopo gli attacchi.

“Il lupo (canis, lupus)- dice ancora Battista- quello che nei “Fioretti” del XII secolo generosamente veniva chiamato da San Francesco: “Fratello lupo, io so bene che per fame tu hai fatto ogni male”, “in linea”, “programmato” da oltre 300mila anni, una macchina perfetta, “cavalleresco” solo con i suoi simili. Un computer che non commette errori, nato per scannare illimitatamente per poi cibarsi di uno solo degli animali che uccide. Mistero questo, rabbia e risentimento dei pastori”. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Forestale, che insieme ai vigili sanitari della Asl hanno provveduto al recupero delle carcasse degli ovini uccisi ed a medicare quelli che erano stati feriti. Le ricerche degli animali dispersi sono proseguite anche nel pomeriggio: in serata all’appello mancavano ancora cinque pecore. Le carcasse recuperate saranno trasportate all’Istituto zooprofilattico di Teramo per gli esami di rito mentre la Forestale ha eseguito i dovuti rilievi. C’è il rischio di un nuovo attacco: i lupi forse ritorneranno. Hanno messo tutto in “memoria”.

 

L’attacco dei lupi riproposto con le statuine del presepe di Pacentro e il lavoro nello stazzo: il pastore, il  latte viene girato nel caldaio in rame, la mungitura. Le allegorie nella rappresentazione dei pastori di Pacentro

5-e

 

4-e

 

 

1e

 

 

2-e

 

3-e

 

Il borgo di Pacentro, le stalle e la lavorazione del formaggio

6-e

 

d-1

 

Il drappo che pende dal montone non gli permette l’accoppiamento, poiché le pecore devono allattare gli agnelli

7-e

Crescenzio Marchionda in una stalla alle pendici del borgo di Pacentro

8-e

La mungitura nel guado in legno dello stazzo. Il guado separa i due recinti.

d-2

 

L’agnello appena nato nel pascolo

h-1

La casa, gli oggetti

o-3

 

 

La Maiella, le capanne a tholos, i segni in pietra identificativi del paesaggio nella nebbia, gli accampamenti pastorali fortificati in pietra a secco

 

m-2

 

 

m-3

 

m-1

 

m-4

 

m-5

 

m-6

 

m-7

 

Gli oggetti, i segni del paesaggio mobili

n-1

 

o-2

 

o-1

 

Particolare del bassorilievo in pietra di età tardo-repubblicana. La permanenza dei gesti nella cultura dei pastori

n-3

 

n-2

 

n-5

 

n-4

 

n-7

 

I pastori della Maiella, i documenti, il libro

231

23b

 

Vincenzo Battista e Tito Spini, galleria Cesare Manzo, Pescara. Rai 3, riprese della mostra sui “Pastori della Maiella” e interviste

01