Fotografia Vincenzo Battista.

All’interno dell’imponente palazzo eretto per volere di Camillo Bargellini tra il 1638 e il 1658, su disegno dell’architetto Bartolomeo Provaglia, e decorato sul portale d’ingresso da due grandi atlanti, opera degli scultori Gabriele Brunelli e Francesco Agnesini, sorse dal 1924 il museo, per volere dell’allora Soprintendente alle Gallerie, Francesco Malaguzzi Valeri. Ancora oggi le sette sale espositive risentono in gran parte del primitivo allestimento che l’ideatore aveva stabilito per i due distinti nuclei patrimoniali che lo componevano – la Quadreria Davia Bargellini e la raccolta d’arti applicate – nell’intento di dare vita ad un appartamento arredato del Settecento bolognese, nel quale accanto a mobili e suppellettili di pregio si dispongono anche oggetti rari, come lo scenografico teatrino per marionette e l’incantevole riproduzione in miniatura dell’interno di una abitazione privata del XVIII secolo.

La galleria dei dipinti, uno dei rari esempi ancora integri di collezionismo storico cittadino, proveniente in gran parte dalla famiglia Bargellini, introduce – con opere come la tavola della Madonna dei Denti di Vitale da Bologna, firmata e datata 1345, la Pietà di Simone dei Crocefissi e la Madonna con Bambino di Cristoforo da Bologna – alla grande stagione del Trecento bolognese che giocò un ruolo di primaria importanza nell’Europa tardo-medievale. La cultura tardogotica bolognese è rappresentata da opere come il San Giovanni Battista di Jacopo di Paolo e l’Evangelista di Michele di Matteo. Altri interessanti dipinti recano testimonianza delle vivaci vicende artistiche cittadine dal XV fino al XVIII secolo: significative sono le opere che illustrano i rapporti fra padri e figli all’interno delle botteghe a gestione familiare (Prospero e Lavinia Fontana, Giuseppe Maria e Luigi Crespi). Alla committenza dei Bargellini si devono alcuni ritratti di autorevoli componenti del casato, realizzati da Bartolomeo Passerotti e numerose tele di tema sacro e profano richieste a Marcantonio Franceschini, ancora inserite all’interno delle belle cornici originali.La scultura bolognese è documentata da un’ampia rassegna di opere dal XVI al XIX secolo, appartenenti alla prolifica tradizione della coroplastica.

Importante nucleo del museo, la raccolta di oggetti di arte applicata, “curiosità della vecchia Bologna” di varia provenienza, che secondo Malaguzzi Valeri dovevano più direttamente rispondere a quell’idea di “arte e industria” posta alla base della creazione del museo, ha finito per dare vita ad una singolare collezione in cui accanto a numerosi ferri battuti, bronzi ornamentali, chiavi e paramenti liturgici finemente ricamati, trova spazio una Berlina di Gala, carrozza tardo settecentesca, straordinariamente dipinta e dorata, con intagliato lo stemma cardinalizio di Filippo de Angelis (1792-1872), molto probabilmente proveniente dalla collezione della famiglia Pepoli. Anche la ceramica graffita occupa, con le sue testimonianze, un ruolo di assoluta rilevanza, passando dai boccali trecenteschi di fabbricazione romagnola e centro-italiana, ad opere bolognesi risalenti all’età dei Bentivoglio, rinvenute durante gli scavi di inizio Novecento nel centro cittadino, durante la costruzione di un edificio dove originariamente sorgeva una antica fornace.