Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“ Le case di Fetò, vicino all’aia, sono state costruite con i soldi del diavolo”. Con questa dichiarazione iniziale si apre il racconto popolare che segue, rilevato a Roio Poggio, una frazione del comune dell’Aquila, nell’ottobre del 1989. Il diavolo nella cosmologia e nella rappresentazione quotidiana della cultura popolare, costituisce la conflittualità dell’uomo con i propri dintorni, il paesaggio, il borgo nella sua realtà storica o naturale. Il diavolo è la diversità, un membro della comunità locale, da allontanare, scacciare, ed infine isolare. Intorno a lui gli accadimenti prodigiosi si sono manifestati, nefasti, desueti, non più accettabili. La conflittualità attraversa la storia, è trattenuta e filtrata anche dalla tradizione orale, dalla favolistica popolare, che la trasporta da un momento storico ( di cui non se ne conoscono più le tracce originarie) nello “ spazio” della comunità locale, catapultandola su modelli e concezioni del mondo sostanzialmente mutate: la nostra contemporaneità. Nelle immagini che integrano il brano, Roio Poggio è stato cancellato urbanisticamente nel sisma del 2009. Le fotografie aeree mostrano quel che resta di uno dei borghi più interessanti sotto il profilo dell’architettura popolare ( sottopassi, slarghi, aree comuni, portali, archi, pozzi per la raccolta delle acque, stipiti in pietra, loggiati e passaggi all’interno del sistema urbanistico articolato ed equilibrato per le esigenze comuni ubicato su un colle), quindi dell’autocostruito un tempo, che rispondeva alle esigenze di una società locale, secolarizzata, e integrata nel paesaggio circostante a favore di un’autogestione dei lavori tradizionali nelle campagne e in montagna. In un edificio oggi scomparso del borgo rurale di Roio, si materializzò, nel racconto popolare, la demonologia sociale della comunità. Conflitti sociali, feroci dispute, tutte interne alla struttura sociale, hanno causato la “proiezione mitica” di un male storico ed etico: il diavolo, “chiamato”, invocato, materializzato e mutuato nella narrativa popolare, protagonista di ossessioni e paure ancestrali, che la comunità riversò sulle persone del “vicinato”, da emarginare. “ Le case di Fetò, vicino all’aia, sono state costruite con i soldi del diavolo. Nella frazione di Roio, c’era una famiglia numerosa, con molti figli, e uno di questi, che aveva il soprannome di Fetò, voleva andare a fare il garzone, accudire gli animali. Un giorno incontro un signore che lo chiamò a lavorare come desiderava. Alla richiesta di quanto lo pagasse,, l’uomo rispose che gli avrebbe dato tutto quello che chiedeva. Andarono prima in una casa di lusso, del signore, e poi in una stalla dove c’erano alcune mule. Lì stabilirono il contratto. Fetò accudiva le mule, avrebbe avuto un paio di scarpe, ma solo quando queste si fossero consumate, poteva tornare alla famiglia. Come pagamento aveva a disposizione mucchi di soldi, e Fetò poteva prenderne a piacimento, ma solo al termine del contratto. Alla fine della conversazione il signore gli disse che doveva pulire per bene le mule, ma per nessuna ragione, sottolineò, doveva togliere la “varda”, il basto della sella. Per tutto il giorno Fetò ripensò a quella disposizione, anomala, in quanto nelle stalle tutti sanno che gli animali sono liberi dalle selle e finimenti vari. Mentre iniziò il lavoro di pulizia, senti una voce che diceva:” Come ci carichi forte”. Era una mula che parlava. Fetò ripensò al divieto di togliere il basto, ma tuttavia lo fece, e la mula si trasformò in una donna: era la sua commare. Gli disse subito che quel luogo era l’inferno e il signore il demonio. “ Sei capitato a fare il garzone al diavolo”, e aggiunse “ da qui non puoi più uscire”. Fetò piangeva, e ribatte disperato alla commare dicendo che poteva andare via solo quando le scarpe si fossero consumate. “Quelle, continuò la commare, sono scarpe di ferro e si consumano solo con l’urina delle mule”. Così, Fetò e la commare si misero d’accordo per le scarpe… e su una cosa fare in seguito; ma una precauzione fu suggerita a Fetò: non doveva prendere o toccare con le mani i soldi. Dopo alcune settimane Fetò torno dal signore a chiederli di riportarlo a casa perché il lavoro lo aveva svolto e le scarpe si erano consumate… Quando furono davanti al mucchio di soldi, Fetò si rifiutò d prenderli, e così toccò al signore metterli in un sacchetto. Mentre se ne andava, il signore lo rincorse, lo prese per un orecchio e gli disse:”Come ti hanno indirizzato bene…” e glielo porto via, strappò l’orecchio dalla testa, non potendo portare via la sua persona. Fetò torno a casa senza l’orecchio e racconto l’accaduto alla famiglia e alla gente del paese. Con i soldi che gli aveva dato il signore si costruì una casa a Roio, che fu chiamata la “casa del diavolo”.

 

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