Campo Imperatore nella notte dei “Ru mattoni”.

Un altro Gran Sasso d’Italia.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“Dico che passano settanta o ott’anta mila pecore che qui vengono a pascolare. Cominciano ad intrare il dì San Giovanni ( 24 giugno, il rientro delle greggi dal Tavoliere). E vi stanno per tutto luglio, poi bisogna partire per lo gran freddo che vi fa’” . E’ Francesco De Marchi, ingegnere militare, che racconta, nel suo diario, la cronaca della prima ascensione sulla vetta del Gran Sasso d’Italia, “Il Corno Monte”, effettuata il 19 agosto del 1573, e descrive anche la meraviglia di questo paesaggio, Campo Imperatore; lui lo chiamerà “Campo Radduro” con i suoi armenti, ” bellissimo vedere” scrive, e poi continua, in una descrizione che una somma di secoli, fino ad oggi, ha ridotto, ma non cancellato… Vediamo. “… Quando i pastori vi sono con gli animali a pascolare par esser’uno esercito grossissimo a’ veder tante capanne e tante tende, massime la sera quando tutte hanno acceso i fuochi…”, come adesso, alle pendici meridionali di Monte Prena, stazzo “ Terzo delle Veticole”, Colle Paradiso, quota 1914 m.

L’ultima macchina, in questo rettilineo fuori dal tempo, prima che il buio avvolga l’enorme distesa e la chiuda, è passata, con un equipaggio particolare: una troupe ha appena girato gli ultimi fotogrammi dello spot pubblicitario, quello dell’ “Amaro vero”, utilizzando nella coreografia l’aereo pilotato da Giorgio Zecca, un mito del volo, poiché solo lui riesce a fare cose simili. Non è stato facile inventarsi la pista, qualcuno fino alla fine non ci ha creduto, ma è atterrato Giorgio, con l’aereo “domato”, come un uccello ha planato con le lunghe ali per poi ondeggiare e posizionarsi, proprio lì, tra pietre, zolle di prateria e dossi, lì, vicino all’accampamento, con grande meraviglia, quasi infantile, e perché no la bocca aperta di alcuni, e ai fuochi, che intanto si alzano e rischiarano il notturno. Partono i preparativi per il cibo. Si parla, si racconta, fissando l’enorme falò.

Un uomo con una torcia accesa si è staccato dal circolo. Farà un giro intorno al recinto dello stazzo per controllare il lavoro dei “Ru mattone”, un suono e un idioma che cela un nome arcaico domiciliato tra queste contrade montane, e solo la mattina seguente, con le prime luci, potremo vederlo, questo suono… Ma adesso Campo Imperatore è avvolto dall’oscurità, qualche latrato, la luna piena poggiata sull’altopiano, noi lì con una tenda che gli enormi cani pastori abruzzese sorvegliano, non sono convinti, l’annusano sospettosi con le orecchie basse: il loro mestiere, ma poi si acquattano intorno alla finestra di telo, non si sa mai. Potremo chiamarlo corridoio faunistico, l’intera estesa area dell’altopiano, ma è una vera e propria autostrada, con le sue “stazioni” di sosta, gli autogrill degli stazzi, per il “rifornimento” dei lupi, sì, che attaccano nell’oscurità i recinti, (” aggrino, mandrella e mandra”), sottovento. Perciò ci sono i “Ru mattone” che vigilano nelle ore notturne. ” Il Ru mattone – dicono i pastori di Castel del Monte – si agita, di notte, quando tira vento e mette paura ai lupi quando si avvicinano allo stazzo: come uno spaventapasseri per i lupi…”.Vengono sistemati intorno alla stazzo, come estrema e ultima difesa, un palo piantato sul terreno rivestito di casacche, pantaloni stracciati e stoffe: il ” Ru mattone”, il feticcio; a qualche decina di metri sono poi posizionati i mastini, dentro una nicchia in pietre e lamiere.

Il ” Ru Mattone”, che “significa il matto che si muove continuamente”, dicono i pastori, spinge i lupi verso la tana dei cani e poi parte la “giostra”: i cani si impennano arsi di rabbia, i lupi cercheranno di trascinarli in un diversivo, lontano, militarmente, dall’accampamento dello stazzo; le pecore atterrite spingono le reti fino a sfondarle, mentre altri lupi sono pronti a prenderle e trascinare lontano le carcasse per poi tutti insieme sbranarle, i pastori con le fiaccole escono dai rifugi nella lunga notte di Campo Imperatore che è arrivata, come una sorta di Fortezza Bastiani del romanzo di Dino Buzzati, e sembra non avere mai termine. Il perimetro difensivo dell’accampamento pastorale di circa duemila pecore e cinque “ Ru mattoni” è così protetto, il dispositivo ha retto l’urto e il richiamo della carne fresca di migliaia e migliaia di anni nel dna predatorio dei lupi, per questa volta messi a digiuno. Tutto è rimandato.

Si avvicina la festa delle “48 ore”, il buon auspicio per la partenza, rimasta nella memoria dei pastori di Castel del Monte e della loro lunga gestione ereditaria: il 28 settembre si celebrava la Madonna di Picciano, la protettrice dei pastori, prima di partire a piedi per la transumanza verso la Puglia: era la festa del ringraziamento, per il viaggio votivo e mediatico della pastorizia, di quindici giorni, carico di aspettative affidate alla divinità, ma che comunque avverrà, in modo diverso, quando la sagoma dell’autoarticolato entrerà a Campo Imperatore: un oggetto non identificato del Terzo Tipo, sembra, tra i pantheon dei monti. Il gregge, come in una fermata, aspetterà sul bordo della strada di staccare il biglietto: destinazione una delle tante masserie del Tavoliere di Puglia. I “Ru mattone” resteranno lì invece, totem, segni astratti, sculture quasi antropomorfe. Verranno prima sferzati dalle bufere, ma poi spunteranno dalla neve che coprirà il paesaggio attraversato solo dai lupi e dalla loro memoria lunga, in grado di mappare il territorio ed aprire sempre nuovi file per non “dimenticare” , ma che poi gli stessi lupi, finalmente, li potranno annusare, girarci intorno ai “Ru mattoni” in un “Incontro ravvicinato”, ma certo è che non riusciranno mai a dominarli, i lupi… Torneranno.

Le immagini.

Francesco De Marchi in una stampa d’epoca, Francesco De Marchi – stampa nel diario della Scalata del Gran Sasso d’Italia – in Della Architettura militare, Campo Imperatore, Monte Camicia, il Prena e Corno Grande, Giorgio Zecca in volo su Campo Imperatore, il “ Ru mattone”, stazzo “ Terzo delle Veticole”- Colle Paradiso: la mungitura, il pascolo, lavorazione del formaggio, il paesaggio.