Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Con la costruzione e l’accensione di una carbonaia e la sua relativa struttura insediativa costituita da capanne e rifugi alle pendici del vallone di Santa Margherita, nella Riserva naturale regionale di Monte Genzana, di cui è parte integrante il territorio di Pettorano sul Gizio, l’amministrazione comunale porta a compimento il progetto nato dalla Comunità montana Peligna e dalle Agenzie regionali per il turismo di Sulmona e L’Aquila con la collocazione di due sezioni di un museo digitale (che raccoglierà il lavoro di rilevazione sul campo) allestite permanentemente nei locali del castello Cantelmo ( mostra digitale “Gli uomini e la montagna” di V. Battista e a palazzo Zanelli, sede del Municipio, la mostra digitale sulla cultura dei carbonai di V. Battista. La carbonaia, ricostruita secondo gli intendimenti locali nella sue complesse fasi di realizzazione della cupola in legno, e la trasformazione, una volta coperta di terra, con l’accensione, in carbone vegetale, ha visto la partecipazione nell’esecuzione e nelle complesse fasi di lavoro gli anziani carbonai che intorno a questa attività avevano costruito un mestiere, divenuto una specializzazione per il villaggio di Pettorano sul Gizio. Tecniche di lavoro nei boschi, nomenclature degli oggetti in legno, antichi detti popolari elaborati intorno all’attività della carbonaia costituiscono, con la novità che il paese di Pettorano sul Gizio, una riscoperta ma soprattutto un indirizzo programmatico per dotare l’intera area naturalistica di due luoghi per approfondire e conoscere sistemi economici e aggregazioni sociali oggi scomparsi. Ma non solo la carbonaia. L’intera area del Comune e della Riserva di monte Genzana con i suoi corridoi faunistici e in particolare il borgo di Pettorano con la particolare architettura di case a torre e gli opifici di archeologia industriale del fiume Gizio, confluiranno nell’opera di monitoraggio e documentazione dei due siti museali.

 

Il borgo di Pettorano sul Gizio e la Riserva regionale di Monte Genzana

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La Riserva regionale di Monte Genzana

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Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

La carbonaia della valle di Santa Margherita. Riserva naturale regionale di Monte Genzana.

“A rattupare” è forse l’ultimo idioma che in questa fase si scambiano Domenico Suffoletta (classe 1929) e Vincenzo Boccia (classe 1928) di una serie, infinita , di vocaboli che puntualmente vengono tradotti da Donato Suffoletta, giovane consigliere comunale di Pettorano sul Gizio. Sopra questa “carvuniera”, alta circa tre metri e con sotto centotrenta quintali di legna, foglie, terra, e “toppe”, zolle di muschio, i due, saliti su una scala in legno costruita nel bosco, snodabile che farebbe pensare anche un designer, si scambiano gli ultimi pareri prima di “rattupare”, di chiudere il foro del cono di legna da cui esce il fumo, e metterla a dormire, dopo che ha “mangiato”, la carbonaia… “… È come una creatura”, deve essere alimentata: mangia con i ” ticchi, per rabbuccà” di legno; ragiona, con il moto della combustione che all’interno risale il cono e la consuma (grazie ai fori,” i bucioni e fumaroli “, per l’aerazione ai fianchi della catasta di legna); si lamenta, quando il fumo esce dal rivestimento di terra “… e allora bisogna curarla”. Giorno e notte, per circa tredici giorni. Due ne hanno impiegati per alzarla, dargli forma, “allevarla” in questa radura all’imbocco di valle Margherita, nella riserva regionale di monte Genzana, a poche centinaia di metri dal crinale roccioso su cui poggia il villaggio di Pettorano sul Gizio. La sua antica strada di crinale che collega il castello Cantelmi alla porta San Nicola, ha diviso in due oltre che la difesa militare del borgo anche l’appartenenza sociale : nel pendio ovest le strade cordonate e le antiche case dei carbonai e dei contadini (molte abbandonate) con le grotte scavate nel calcare che declinano fino alle sorgenti del fiume Gizio; ad est i palazzi storici della borghesia agraria e commerciale di Pettorano sul Gizio. Ed il commercio del carbone vegetale, insieme alla risorsa boschiva, ha consentito di creare una specializzazione, un mestiere, un’attività di cultura materiale unica nel panorama della conca Peligna. Con la creazione delle “compagnie”, i carbonai si riunivano in gruppi con il “capoccia” il capo, “il partitario” addetto alla dispensa e alla preparazione della polenta, “il ricacciatore” e infine, nella struttura gerarchica, il “uaglione” o garzone addetto a sorvegliare la capanna e ai lavori più umili. Se sbagliava, la punizione era quella di far passare tra le dita delle due mani unite un bastone di legno, e poi stringerle. Quando scendono dalla scala in legno della carbonaia, Suffoletta e Boccia sorpresi, non si sono accorti che quel filo di fumo che si alza dalla faggeta della riserva regionale ha attirato escursionisti e gente di Pettorano e Sulmona che sono venuti a vedere con stupore e meraviglia questa sorta di capsula spaziale, al centro della radura, ancora in grado di raccontare un tempo di stenti, emigrazione e soprattutto la rassegnazione nel duro lavoro nei boschi che sembrano distante da noi anni luce.

 

Il Vallone di Santa Margherita e la costruzione della carbonaia

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Palazzo Zanelli, sede della mostra digitale sulla cultura dei carbonai.

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Il castello Cantelmo, sede della mostra digitale “Gli uomini e la montagna”.

Il Castello Cantelmo di Pettorano sul Gizio era uno dei presidi strategicamente più importanti della Valle Peligna, protagonista delle vicende degli Hohenstaufen, e certamente uno dei fortilizi più interessanti del territorio, anche fuori dai confini regionali. Dall’impianto irregolare del Castello emerge l’imponente torre centrale di avvistamento (puntone), a pianta pentagonale, nucleo originario della fortificazione. Il mastio venne successivamente circondato da una robusta cinta muraria per adeguare la struttura ai moderni sistemi di attacco. Le torri circolari ai due angoli nord-ovest e sud-ovest del recinto consentivano una efficace difesa di fiancheggiamento in aggiunta a quella frontale. Abbandonato per decenni e ridotto allo stato di rudere, il castello è stato restaurato negli anni novanta. Attualmente è sede del centro visite della Riserva Monte Genzana Alto Gizio ed ospita la mostra permanente digitale “Gli Uomini e la Montagna”, di V. Battista.

 

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