Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Il borgo di Secinaro e, sullo sfondo, il Massiccio del Sirente…

Con Luigino Barbati, Secinaro.

I Fuochi purificatori di Secinaro, la processione, l’espiazione sul Colle della Croce che fronteggia il borgo. Anche nelle case di accendeva il “fuoco” del Venerdì Santo. Nel camino il lumino restava acceso per tutta la notte. La Resurrezione, le anima sante da ricordare. Lo stesso camino veniva utilizzato per cucinare, con la “fornacella” e il  “concaro” in rame che conteneva l’acqua prelevata dai fontanili, posto al lato del camino in un apposito piano di appoggio in muratura. Poi, il treppiede per lessare i fagioli, la pignatta. Con le budella dell’agnello si preparava il marro di Pasqua insieme all’interiore dell’animale (cuore, fegato, milza, polmoni, peritoneo) con l’aggiunta di uova, pancetta, aglio e rosmarino. La rezza avvolgeva gli ingredienti (come gli involtini di carne) tagliati in piccole parti. Il marro si cuoceva nel camino in uno spiedo, a fuoco lento, nei giorni di Pasqua. La scultura in pietra, collocata in un parco di Secinaro, rappresenta gli ombrelli dentro una sacca, le aste in legno e la borsa degli attrezzi. Il simbolo di un mestiere itinerante, artigiano, identitario del borgo alle pendici del Massiccio del Sirente.