Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

A L’Aquila nel XVI secolo fu processato un asino sacrilego che, invasato dal demonio, aveva profanato un’immagine di Gesù afferrandola con i denti, sbattendola, e imbrattandola di bava. Fu processato prima, condannato e arso vivo poi, davanti al chiostro degli Agostiniani, sempre a L’Aquila. ( G. Pansa, “Processi d’animali e avanzi di essi in Abruzzo”, anno 1891).

Nel 1786, a Pacentro, fu istituito un processo a locustre e bruchi che arrecavano danni alle “canape, al grano turco, alle ortaglie, minacciando altresì di rovinare i seminati di grano e le vigne” della campagna che si apre nella Conca Peligna.

A Roccaraso, Pratola Peligna, Sulmona e Pescocostanzo, si precedette senza pietà contro i galli stregoni “che fanno l’uovo dal quale deve nascere il serpente a tre teste”.

A Barrea, verso la fine del XVIII secolo, si ingiungeva a grilli e pulci dei piselli, con bandi (ordini scritti) dell’autorità municipale, di liberare le colture.

Questi avvenimenti, che oggi possono sembrare solo l’espressione bizzarra, estrema, di una visione del mondo rurale allegorica e romanzata, sono stati invece conseguenza coerente di una concezione magico-religiosa della realtà che dichiarava la presenza del “maligno” in tutte le sue forme di manifestazione, in particolare negli animali, nella vita quotidiana delle comunità agro-pastorali. A questo si aggiunge l’inclinazione al magico, e “l’inspiegabile” che accadeva in natura, una scorciatoia che si percorreva per non voler capire che cosa fosse razionalmente accaduto al campo di granturco. Le successive scene, vedevano, quindi, entrare in campo l’irriducibile maligno, sotto mentite spoglie, da giudicare e condannare. Creatura, il diavolo, proiezione, estremizzazione, delle nostre angosce…

Con la Bolla di Innocenzo III (1482), si spezzò un equilibrio che aveva permesso a certe pratiche pagane di convivere con la progressiva espansione del cristianesimo in Occidente, ma con scarsi risultati. Se la magia, che dà luogo a queste manifestazioni sul territorio, può convivere con la religione in vari contesti geografici, significa che è l’alternativa alla religione e la comunità, comunque, va liberata dalla presenza del maligno attraverso l’abiura (rinuncia sotto giuramento scritto) e la morte con il fuoco (come per l’asino), elemento catartico, purificatore per eccellenza.

La case di Fetò, vicino all’aia, è stata costruita con i soldi del diavolo.Premessa.

Con questa dichiarazione iniziale si apre il racconto popolare che segue, rilevato a Roio Poggio, una frazione del comune dell’Aquila, nell’ottobre del 1989. Il diavolo nella cosmologia e nella rappresentazione quotidiana della cultura popolare, costituisce la conflittualità dell’uomo con i propri dintorni, il paesaggio, il borgo nella sua realtà storica o naturale. Il diavolo è la diversità, un membro della comunità locale, da allontanare, scacciare, ed infine isolare. Intorno a lui gli accadimenti prodigiosi si sono manifestati, nefasti, desueti, non più accettabili. La conflittualità attraversa la storia, è trattenuta e filtrata anche dalla tradizione orale, dalla favolistica popolare, che la trasporta da un momento storico ( di cui non se ne conoscono più le tracce originarie) nello “ spazio” della comunità locale, catapultandola su modelli e concezioni del mondo sostanzialmente mutate: la nostra contemporaneità.
In un edificio oggi abbattuto del borgo rurale di Roio, si materializzò, nel racconto popolare, la demonologia sociale della comunità. Conflitti sociali, feroci dispute, tutte interne alla struttura sociale, hanno causato la “proiezione mitica” di un male storico ed etico: il diavolo, “chiamato”, invocato, materializzato e mutuato nella narrativa popolare, protagonista di ossessioni e paure ancestrali, che la comunità riversò sulle persone del “vicinato”, da emarginare.

Il racconto e il mito del diavolo. La fiaba, il mondo sospeso e la sua dimensione magica

Nella frazione di Roio, c’era una famiglia numerosa, con molti figli, e uno di questi, che aveva il soprannome di Fetò, voleva andare a fare il garzone, accudire gli animali. Un giorno incontro un signore che lo chiamò a lavorare come desiderava. Alla richiesta di quanto lo pagasse, l’uomo rispose che gli avrebbe dato tutto quello che chiedeva. Andarono prima in una casa di lusso, del signore, e poi in una stalla dove c’erano alcune mule. Lì stabilirono il contratto. Fetò accudiva le mule, avrebbe avuto un paio di scarpe, ma solo quando queste si fossero consumate, poteva tornare alla famiglia. Come pagamento aveva a disposizione mucchi di soldi, e Fetò poteva prenderne a piacimento, ma solo al termine del contratto. Alla fine della conversazione il signore gli disse che doveva pulire per bene le mule, ma per nessuna ragione, sottolineò, doveva togliere la “varda”, il basto della sella. Per tutto il giorno Fetò ripensò a quella disposizione, anomala, in quanto nelle stalle tutti sanno che gli animali sono liberi dalle selle e finimenti vari. Iniziato il lavoro di pulizia degli animali, Fetò appoggiò dei sacchi pieni di patate ai lati della sella, e senti una voce che diceva:” Come ci carichi forte”. Era una mula che parlava. Fetò ripensò al divieto di togliere il basto, ma tuttavia lo fece, e la mula si trasformò in una donna: era la sua comare. Gli disse subito che quel luogo era l’inferno e il signore il demonio. “ Sei capitato a fare il garzone al diavolo”, e aggiunse “ da qui non puoi più uscire”. Fetò piangeva, e ribatté disperato alla comare dicendo che poteva andare via solo quando le scarpe si fossero consumate, così gli aveva detto quell’uomo. “Quelle, continuò la comare, sono scarpe di ferro e si consumano solo con l’urina delle mule”. Così, Fetò e la comare si misero d’accordo per le scarpe… e su una cosa fare in seguito; ma una precauzione fu suggerita dalla comare a Fetò: non doveva prendere o toccare con le mani i soldi. Dopo alcune settimane Fetò torno dal signore a chiederli di riportarlo a casa perché il lavoro lo aveva svolto e le scarpe si erano consumate… Quando furono davanti al mucchio di soldi, Fetò si rifiutò di prenderli, e così toccò al signore metterli in un sacchetto. Mentre se ne andava, il signore lo rincorse, lo prese per un orecchio e gli disse: ”Come ti hanno indirizzato bene…” e glielo porto via, strappò l’orecchio dalla testa, non potendo portare via con se all’inferno la sua persona. Fetò torno a casa senza l’orecchio e racconto l’accaduto alla famiglia e alla gente del paese. Così, con i soldi che gli aveva dato il signore, si costruì una casa a Roio che fu chiamata la “casa del diavolo”.

Le immagini

Aerea, Piazza Duomo e il mercato, la piazza e la cattedrale di San Massimo.

Nelle immagini aeree che integrano il brano, Roio Poggio è stato cancellato urbanisticamente nel sisma del 2009. Le fotografie aeree mostrano quel che resta di uno dei borghi più interessanti sotto il profilo dell’architettura popolare ( sottopassi, slarghi, aree comuni, portali, archi, pozzi per la raccolta delle acque, stipiti in pietra, loggiati e passaggi all’interno del sistema urbanistico articolato ed equilibrato per le esigenze comuni ubicato su un colle), quindi dell’autocostruito un tempo, che rispondeva alle esigenze di una società locale, secolarizzata, e integrata nel paesaggio circostante a favore di un’autogestione dei lavori tradizionali nelle campagne e in montagna.

Il maligno e i messaggi nascosti nelle opere d’arte. L’iconografia del male.

-Johann Heinrich Fussli ,” L’incubo”, 1802. Goethe Museum FrannKfurt-am-Main.

– Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino (Bergamo, 1465 circa – Milano, 1530). “ Le Vergini delle torri”. Ai piedi delle figure giacciono un uomo e un rospo.

– Il Simurgh della tradizione islamica: fenice, drago volante in un manoscritto arabo medioevale

-I gargoyle del Duomo di Milano ( tardo gotico). La leggenda dei gargoyle ha origine in Francia nel VII secolo. Si racconta che Rouen venne liberata dall’assedio di un drago, il cui corpo fu arso. Restò solo la testa che non ardendo fu posta alla sommità delle mura cittadine per allontanare i mostri.
Le rappresentazioni allegoriche, descritte nei bestiari, rappresentano la concezione visionaria medioevale che usava figure demoniache con lo scopo di convertire e avvicinare le persone alla religione cattolica. I gargoyle, come nell’esempio del duomo milanese, sono posti sulle grondaie: mostri orrendi ,draghi, figure raccapriccianti allontanano gli spiriti maligni e invitano a proteggersi all’interno dell’edificio di culto cristiano.

-La Chimera di Arezzo, bronzo etrusco. Datazione tra l’ultimo quarto del V e i primi decenni del IV secolo a.C.

– Hieronymus Bosch, vissuto tra il 1450 e il 1616,,“Maestro del mostruoso e scopritore dell’ inconscio” secondo la definizione di Carl Jung, ( particolari della sua pittura).

-Giudizio Universale ( particolare del diavolo), affresco di Giotto, databile al 1306.Cappella degli Scrovegni, Padova.

– Giudizio Universale, battistero, Firenze. I mosaici del battistero di Firenze creati a partire dal 1225. Utilizzarono i cartoni di grandi pittori fiorentini, tra i quali Cimabue, Coppo di Marcovaldo, Meliore e il Maestro della Maddalena, ad opera di mosaicisti veneziani

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