Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Storia e storie, memoria e memorie diffuse non hanno frontiere, oltre lo spazio circoscritto che è solo un’espressione geografica, e oltre, una comunità che vive alle pendici dell’eremo di Sant’Onofrio del Morrone, lì scelse la vita eremitica fra’ Pietro divenuto, nella Basilica di Collemaggio, papa Celestino V nell’investitura del 28 agosto 1294. La memoria traccia oggetti di culto ed esperienze personali, è patrimonio culturale immateriale, offre riti e consuetudini che riaffiorano, ricordi collettivi, spiritualità e narrazioni ereditati da generazioni di eventi trasmessi da altri  che si depositano e sono vivi, ancora oggi, nell’epistolario collettivo dei villaggi, nella fascia pedemontana appunto del Morrone. Tra forre e canaloni insiste l’eremo di Celestino V: edificio totem, sigillo della montagna che non conosciamo nella sua essenza, spirito protettivo, l’impronta che tiene viva la coscienza e l’identità personale come scrisse Ignazio Silone visitando lo stesso eremo per “L’avventura di un povero cristiano”. Gentile di Rainaldo, medico di Sulmona, testimone al Processo di Canonizzazione istituito per dichiarare la santità di Celestino V racconta, nella sua deposizione, l’arrivo di fra’ Pietro. Secondo questo teste che depone nel 1306, attribuisce ventiquattro anni a Pietro, è l’anno 1239. “Avevo quindici anni quando vidi per la prima volta, in abito monacale, il detto Pietro che aveva un’età che si aggirava sui ventiquattro anni; lo incontrai per via e mi pregò di indicargli il luogo ove era vissuto da eremita, in penitenza, frate Flaiano da Fossanova. Lo accompagnai al Morrone e gli promisi di tornare da lui dopo qualche giorno e di portargli dei pani. Tornai, andai nel luogo dove avrei dovuto trovarlo ma non c’era; entrai nella grotta e c’erano sassi disposti come un letto per dormirvi. Aspettai e alla domanda di dove venisse mi rispose che era andato per guardare la montagna e trovare un luogo più alto e più aspro. Aspetta che cada la neve – gli dissi – e vedrai se questo luogo è aspro…”.