Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Le rete idrica dell’antica Roma sull’Appia Antica. L’Agro Romano e il suo acquedotto che si estendeva fino ai Colli Albani. Nell’area compresa si rinvengono addirittura sei degli undici acquedotti costruiti dai romani. Enormi arcate a tutto sesto sorreggevano la canalizzazione, coperta in laterizio, per lo scivolamento delle acque con una inclinazione tale da garantire un regolare deflusso fino all’Urbe. Un’opera imponente nata intorno nel III sec. a. C. e poi continuata.

Gli acquedotti romani erano dotati di camere di compensazione, lì le acque venivano raccolte (le piscinae limariae), purificate all’imbocco dell’acquedotto e infine prima delle fontane pubbliche di Roma. Il condotto principale era chiamato specus, costruito in muratura ricoperto di calce e laterizio.

Per la realizzazione degli acquedotti l’aspetto primario era la pressione da mantenere regolare nelle condotte in relazione al flusso dell’acqua nel lungo percorso dentro l’inclinazione del terreno, il superamento degli avvallamenti, le depressioni del paesaggio. Si costruivano vere e proprie torri dentro gli avvallamenti: l’acqua scendeva e poi risalire per via della pressione, si ottimizzava il livello in uscita quindi, e l’acqua copiosa infine poteva continuare suo deflusso delle canalizzazioni sopra le arcate dell’acquedotto con un moto costante.