Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Musei Capitolini. Roma.

Con il braccio teso e la mano che leggermente si apre, riteniamo, nel segno della pacificazione, la statua equestre monumentale di Marco Aurelio si ipotizza realizzata nel 176 D. c., dopo la campagna vittoriosa contro le popolazioni germaniche. La statua dorata – aqui magli – maggiore del vero nelle masse plastiche compositive, unica scultura in bronzo dorato per la sua imponenza. Dal luogo dell’istallazione sconosciuto, le tracce ricompaiono nel VIII secolo dove era collocata nel Palazzo Laterano. Nel 1538 trasferita in Piazza del Campidoglio sempre a Roma dove rimase per quattro secoli. Dal 1990 è custodita nel Palazzo dei Conservatori, mentre nel piazzale del Campidoglio c’è una copia ma senza la doratura. L’imperatore a cavallo è austero, tunica pesante e mantella (forse il ritorno dalle terre di Germania), sandali, una spilla a disco che tiene la mantella. Marco Aurelio siede sul sottosella mentre con la mano destra regge le redini del cavallo andate perdute. Il cavallo ha proporzioni considerevoli, quasi un omaggio, massiccia la sua mole alza la zampa destra in segno elegante di avvio del trotto, la bocca si dischiude per celebrare il cavaliere e configurare una sacralità e prestigio dell’imperatore. La barba, i capelli e i baffi di Marco Aurelio sono molto accurati e composti, attentamente lavorati, la sua bocca si inarca ai lati e decreta grandiosità, concentrazione nella magnificente solennità del volto e quindi della testa che ricordano il personaggio filosofo stoico che colloquiava con sé stesso, colto e raffinato. Marco Aurelio ripeteva la citazione di Platone: “Le città fiorirebbero se fossero governate da filosofi o se i governanti governassero con filosofia”.

I sec. A. c., il bronzo ( Spinario) ha dimensioni di 73 cm., rappresenta un giovane che alzata la gamba e poggiata sul ginocchio destro, mentre si china sul fianco con una posa plastica, lo sguardo e la testa ruotati nell’azione in atto (non prova alcun dolore e sopporta, anzi è compiaciuto), in una gestualità singolare, è nell’intento di togliersi una spina dalla pianta del piede sinistro. La capigliatura del giovane ben composta e a tratti elegante, pettinata tanto che non cadono in avanti i capelli ma restano aderenti alla testa come se avessero una sostanza vegetale per tenerli compatti. La posa quindi della nudità, abbastanza irrituale, rimanda a concezioni e formule di educazione di tradizione omerica e aristotelica. Un’opera fuori dai canoni ricorrenti, forse tratta da modelli ellenistici, ma che non si spingevano così avanti nel gusto naturalistico comunicativo e nella semplicità dei soggetti rappresentati. Malizia nella sua nudità, bellezza e raffinatezza. La nudità è certa di cultura arcaica nella plastica forma anatomica del giovane seduto su una roccia dalla posa modellata che non presenta errore nella composizione complessa, gestuale, anatomica. Il volto esprime soddisfazione, il sesso è attentamente modellato.

Costantino. I frammenti del corpo in bronzo di Costantino, in origine la statua alta circa nove metri, una dimensione imponente per la fusione, colossale. La testa aveva una corona d’oro ornata di gemme. Tracce labili di doratura si rinvengono sul dorso della mano. Il volto, il tratto espressivo serio e composto, contemplativo di Costantino, compassato, carnoso e i tratti morfologici ipotizzano una maturità raggiunta dell’imperatore (intorno al 330 – 337 D. c.) quindi la realizzazione della scultura. La mano tratteneva nel palmo la sfera in bronzo, sorretta, simbolo di perfezione e potere, controllo del proprio tempo.