Monte Ocre portava la bufera
Testo di Vincenzo Battista
All’inizio, pensarono, monte Ocre “portava” la bufera, sì, la montagna totem dei villaggi sottostanti, implorata e maledetta, invocata e dannata, portava la neve dalla vetta del gruppo montuoso, imponente e sovrastante, dal filo di cresta virtuoso, sinuoso attraversata dai suoi camminatori, formata da pascoli e boschi: una sorta di dispensa, credenza contadina, da cui prendere il necessario per far vivere le famiglie dei villaggi, posti in quel gradino carsico appunto, che spiana, e si affaccia, uno zoccolo tettonico sopra la conca aquilana. Ma la neve continuava a cadere da monte Ocre, le voci dentro i borghi sempre più ovattate, attenuate, sempre di più, echi oramai smorzati dalla coltre bianca e candida come non si era mai vista dentro i vicoli, le strade, le piazzette di San Panfilo e San Felice d’Ocre. Oramai c’era solo rassegnazione, l’accettazione di un segno della montagna, diranno più tardi gli anziani, un evento, nei giorni che precedevano il Natale. Smise di nevicare, la gente si affacciò, ma solo dalle finestre dei piani rialzati, poiché la neve aveva seppellito il paesaggio urbano fino ai primi piani e anche la speranza, di tutti i paesani, di riunirsi nella chiesa parrocchiale nella notte di Natale. La Madonna, narra la leggenda, ascoltò la bufera, si mise in cammino, scivolò sui monti, entrò nella valle fino a raggiungere i due paesi. Dal suo manto bianco, preso da monte Ocre, e azzurro scuro formato dalle stelle che sovrastano quella montagna sacra, fece cadere tanti piccoli cristalli di luce, un pulviscolo che iniziò ad illuminare prima e a colorare poi le mura delle case di San Panfilo e San Felice, nient’altro che vecchi intonaci cadenti delle vie medievali, che si trasformarono in immagini religiose, gruppi statuari e splendide figure che presero forma, si animarono, fino a muoversi con gesti e pose dentro le nicchie dei due borghi, dai luccicanti volti raggianti e dalle straordinarie vesti sfarzose con ricchi broccati.
Ma la neve continuava a cadere da monte Ocre, le voci dentro i borghi sempre più ovattate, attenuate, sempre di più, echi oramai smorzati dalla coltre bianca e candida come non si era mai vista dentro i vicoli, le strade, le piazzette di San Panfilo e San Felice d’Ocre. Oramai c’era solo rassegnazione, l’accettazione di un segno della montagna, diranno più tardi gli anziani, un evento, nei giorni che precedevano il Natale.
Smise di nevicare, la gente si affacciò, ma solo dalle finestre dei piani rialzati, poiché la neve aveva seppellito il paesaggio urbano fino ai primi piani e anche la speranza, di tutti i paesani, di riunirsi nella chiesa parrocchiale nella notte di Natale. La Madonna, narra la leggenda, ascoltò la bufera, si mise in cammino, scivolò sui monti, entrò nella valle fino a raggiungere i due paesi. Dal suo manto bianco, preso da monte Ocre, e azzurro scuro formato dalle stelle che sovrastano quella montagna sacra, fece cadere tanti piccoli cristalli di luce, un pulviscolo che iniziò ad illuminare prima e a colorare poi le mura delle case di San Panfilo e San Felice, nient’altro che vecchi intonaci cadenti delle vie medievali, che si trasformarono in immagini religiose, gruppi statuari e splendide figure che presero forma, si animarono, fino a muoversi con gesti e pose dentro le nicchie dei due borghi, dai luccicanti volti raggianti e dalle straordinarie vesti sfarzose con ricchi broccati.
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Fotografie di Vincenzo Battista