“Il Levita Massimo fin giù nella profonda rupe”. Storia e storie leggendarie intorno al simbolo della città. [Vincenzo Battista]

sabato 9 giugno 2012 14:09

di Vincenzo Battista

Il vento che s’infila e sibila in quel budello urbanistico è il ‘vento del lamento’. Se si ascolta, quel vento, raccontano, lentamente si trasforma nel cantico disperato di una principessa sofferente che si lasciò morire, nell’attesa di un improbabile ritorno del suo cavaliere dalla campagna di guerra. La principessa era rimasta lì, e dal loggiato del convento di Santo Spirito d’Ocre guardava la valle dell’Aterno, aspettando di diventare una leggenda medioevale, un suono, un sibilo mai interrotto tra i sottoportici, le gallerie del borgo, trascinata dalla tradizione popolare e da un luogo – immagine: quinte e intonaci delle case trasformati in racconto; portali e vicoli resi magici da una delle tante fiabe di Fossa, l’abitato, che intorno a queste e altre narrazioni ha creato con le sue case un particolare palcoscenico, ubicato ai bordi di una fossa carsica, un anfiteatro naturale che sempre di più si apre, dai tornanti panoramici, fino in cima alla dolina del monte.

“.Che fosse portato a quel luogo, che si diceva il Circolo, e indi dall’alto fosse precipitato, ed avendo in quel luogo per alquanto di tempo fatta orazione il B. Massimo rese grazia a Dio, che si degnava di farlo partecipe del calice Divino insieme co’ Santi Martiri, e in quelle parole: nelle tue mani, o Signore, raccomando il mio spirito, precipitato dall’alto, compì il glorioso martirio per amore di Cristo agli 19 di ottobre. I cristiani poi notando il luogo, andarono di notte a prendere il suo Corpo e lo sepelirono.” scrive nella ‘Dissertazione sopra gli atti di San Massimo Levita e martire’ Giuseppe Coppola, nel 1749, del luogo sacro, un terrazzamento naturale, tra i tanti delle pareti verticali, segnato da un lapide: “Su questo altare cruento che ha per tempio l’immensità del cielo.” è scritto, nel 17°centenario della morte che ne definisce il sito del martirio, “uno scoglio semicircolare” punto di riferimento emozionale per la comunità locale, nella bocca appunto di monte Circolo; un “percorso” che emerge dalla memoria del passato, da quegli elementi permanenti e distintivi, cristallizzati nel paesaggio naturale che celebrano il martire Massimo fin giù nella profonda rupe, dove una croce segna il punto, indicato dalla tradizione orale, appena sopra il paese di Fossa, dove il corpo fu ritrovato ed “ivi incalzato dalle pietre lanciategli addosso”. E’ il 251, secondo alcune fonti. “Sotto l’Imperatore Decio (249 -51) – scrive padre Aniceto Chiappini nel 1932 – le relazioni fra Impero romano e cristianesimo entrarono in una nuova fase giuridica” e con la ricusazione del culto degli dei e gli onori divini all’imperatore, i cristiani vennero definiti atei, pericolosi e quindi vittime di una brutale persecuzione, e tra essi San Massimo, i cui particolari del martirio vengono narrati negli Atti. “Luogo orrido e ispido, oscuro e tetro come una prigione; esso fa paura all’alpinista più abile che volesse tentarne la scalata” continua Chiappini su monte Circolo, e poi sull’antica città di Aveia, e le date, che per tre volte cambiarono, per celebrare la devozione al “Santo protettore, Titolare della città dell’Aquila”: da quella iniziale del 19 ottobre, con una grande fiera, ricordata da Buccio di Ranallo nella seconda metà del XIV secolo : “La festa che fu facta, fo allo vescovato, et fo per santo Maximo beneticto et laudato, che venìa de ottobro, che era homo (l’uomo) affandato (affannato): chi cobelli (qualcosa) facevavi, era scomonicato”, per passare alla festa del 10 maggio, e infine a questa di domani del 10 giugno emanata con i diplomi dei Reali di Napoli dell’anno 1361: la magnifica sagra cittadina, poiché i mercanti del regno non erano intervenuti numerosi alla fiera di maggio.

[Fotografie © Vincenzo Battista. Le foto sono utilizzabili esclusivamente per scopi non commerciali.]

(Domani 10 giugno, seconda parte)