Fotografia Vincenzo Battista.

«Sovente, alle due di notte, rientrando nel mio alloggio, a Bologna, attraverso questi lunghi portici, l’anima esaltata da quei begli occhi che avevo appena visto, passando davanti a quei palazzi di cui, con le sue grandi ombre, la luna disegnava le masse, mi succedeva di fermarmi, oppresso dalla felicità, per dirmi: Com’è bello!»

( Stendhal, Voyages en Italie, 1826).

I portici di Bologna rappresentano un importante patrimonio architettonico e culturale per la città e ne sono simbolo insieme alle numerose torri. Non esiste al mondo un’altra città che abbia tanti portici quanto Bologna: tutti insieme i porticati misurano in lunghezza più di 38 chilometri solo nel centro storico, che raggiungono i 53 km contando quelli fuoriporta. Per via della loro rilevanza artistico-culturale, i portici bolognesi sono un bene culturale italiano candidato come “ Patrimonio dell’Umanità”. Unesco.

I portici di Bologna nacquero in maniera pressoché spontanea, probabilmente nell’alto medioevo, come una proiezione (all’inizio abusiva) di edifici privati su suolo pubblico allo scopo di aumentare gli spazi abitativi. La prima testimonianza storica risale giá all’anno 1041. In un primo periodo si aumentò la cubatura delle case ampliando i piani superiori con la creazione di sporti in legno sorretti dal prolungamento delle travi portanti del solaio e – in caso di forte sporgenza – da mensole dette “beccadelli”. Con il tempo gli sporti aumentarono in grandezza e fu necessario costruire colonne di sostegno dal basso perché non crollassero, venendo così a creare i portici.

I portici offrivano riparo dalle intemperie e dal sole, permettendo di percorrere le strade con qualsiasi condizione atmosferica. Inoltre, costituivano anche mezzo per l’espansione di attività commerciali e artigiane, e rendevano meglio abitabili i pianterreni, isolandoli dalla sporcizia e dai liquami delle strade.

Nei secoli successivi il successo dei portici fu determinato dalla necessità di far fronte al forte incremento della popolazione dovuto all’arrivo di studenti e dotti presso l’ Università di Bologna, ma anche alla immigrazione dal contado. La massiccia espansione dei portici si ebbe a partire dal 1288, quando un bando del Comune stabiliva che tutte le nuove case dovessero essere costruite con il portico, mentre quelle già esistenti che ne fossero prive fossero tenute ad aggiungerlo, lasciando al proprietario l’onere del mantenimento, ma garantendo al Comune l’uso pubblico del suolo. Il bando specificava che questi dovevano essere alti almeno 7 piedi bolognesi (2,66 metri) e larghi altrettanto, per permettere il transito di un uomo a cavallo. Queste direttive non furono però rispettate nelle zone più povere, in cui i portici venivano costruiti con altezze decisamente inferiori. Gli statuti del 1352 imposero un’altezza e una profondità di 10 piedi (3,60 metri) per i nuovi edifici.

In principio i portici erano realizzati in legno, poi, successivamente ad un decreto emanato il 26 marzo 1568 dal gorvenatore pontificio mons. Giovanni Battista Doria e dal Gonfaloniere Camillo Paleotti, furono convertiti in laterizio o pietra. Nonostante ciò sopravvivono ancora in città alcuni edifici con portico in legno, alcuni risalenti all’epoca medievale, altri ripristinati all’inizio del Novecento.

Nella seconda metà del XVI comparvero alcuni dei più importanti portici-loggia di Bologna: il portico che sostiene e nasconde la chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano in strada Maggiore, opera di Andrea da Formigine, il loggiato di Palazzo del Monte in via Galliera.
Alcune nobili famiglie della città, però, vollero distinguersi e seguire la cosiddetta “moda romana” e chiesero dunque la dispensa per evitare di costruire la propria casa con portico. È per questo che a Bologna vennero costruiti palazzi rinascimentali senza portico, ad esempio i palazzi Davia- Bargellini, Fantuzzi, Bentivoglio.