Testo e fotografia Vincenzo Battista.

“Il Carro romano degli Sposi” rinvenuto a Pompei. Nelle borchie illustrative scene erotiche di sesso spinto fino ogni limite (costituivano elementi di buon auspicio per la fecondità della sposa), che oggi non potremmo certo rappresentare e proporre. Ma per il mondo di romani viceversa si spalancava un schermo misterioso di accettazione senza censure, onirico nei loro linguaggi sociali e conviviali. Le ruote del carro alte per tenere rialzati gli occupanti, affusolati i cerchioni i ferro in un design particolare e delicato per il percorso che doveva compiere il carro sulle vie con pietre in basolato. I materiali preziosi utilizzati e le finiture di alto artigianato artistico per quei tempi. Gli scavi della villa di Civita Giuliana di Pompei. Sottratto ai tombaroli che desistono a pochi metri dal ritrovamento, il Carro della Sposa, nuziale, apotropaico e augurale, è stato ricostruito. Insieme agli sposi viaggianti, prodotti agricoli, ma soprattutto le allegorie compositive delle borchie in bronzo, rame, metalli lucenti, argenti con scene spinte di erotismo, scene di sesso estremo mai classificate in archeologia di un veicolo che doveva viaggiare tra la folla e mostrarsi con i coniugi che salutavano e i parenti al seguito. Artigianato artistico, fatture raffinate delle lavorazioni, il culto della bellezza, allegoria profana, senza pudore che, ai nostri occhi appare oscenità, ma che in quella cultura romana era consuetudine e privilegio di una casta…