Fotografia Vincenzo Battista.
Palinuro è un personaggio della mitologia romana, il mitico nocchiero di Anea, caduto in mare di notte, tradito dal dio Sonno, mentre conduceva la flotta verso l’ ItaliaI.
L’episodio relativo a Palinuro viene descritto alla fine del libro V dell’Eneide, nel quale Virgilio individua il punto preciso della vicenda: uno scoglio, riconducibile al tratto di costa campano del Mar Tirreno, dinanzi all’omonimo capo, tra il golfo di Policastro e l’insenatura di Pisciotta, nella subregione attualmente chiamata Cilento.
Naufrago dopo aver invocato invano i propri compagni, rimane per tre giorni in balia del Noto fino all’approdo sulle spiagge d’ItaliaI, dove troverà ad attenderlo non la salvezza ma una fine crudele: catturato dalla gente indigena, viene ucciso e il suo corpo abbandonato in mare scambiandolo per un mostro marino.
Veniva così soddisfatta la richiesta di Nettuno, dio del mare, che nel momento stesso in cui accordava a Venere il proprio aiuto per condurre in salvo la flotta di Enea sulle coste campane, aveva preteso per sé in cambio una vittima:
«Unum pro multis dabitur caput. Una sola vittima per la salvezza di molti» |
(Eneide, V, 815) |
Palinuro, nel successivo Libro VI, vagando tra le anime degli insepolti, sarà protagonista di un triste incontro con Enea, disceso nel regno di Ade in compagnia della Sibilla Cumana .
In quell’occasione supplicherà il suo condottiero di dargli sepoltura, esortandolo a cercare il suo corpo tra i flutti degli approdi velini.
«Aut tu mihi terram inice, namque potes, portusque require Velinos.» |
(Eneide, VI, 365) |
Sarà la Sibilla a dovergli rivelare che il suo cadavere non verrà mai ritrovato: la sacerdotessa tuttavia mitiga l’amarezza del nocchiero predicendogli che, perseguitati da eventi prodigiosi, i suoi assassini erigeranno un cenotafio da dedicare a lui e da onorare con offerte. Quel luogo avrebbe per sempre portato il nome Palinuro.