Il lago, la sua vita.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Scomparso il lago del Fucino, scompariva anche l’esercizio e il diritto dell’uso di pesca con conseguenze spesso catastrofiche per le popolazioni di alcuni comuni.

A Luco, per esempio, come si legge in una cronaca de Il Popolo Vestino dell’11.3.1882, “La pesca si esercitava con 21 caporali e 421 dipendenti divisi in compagnie, più attive durante la stagione invernale, con un prodotto dai 5 ai 12000 quintali di pesce”.

La forzata rinuncia ai proventi della pesca costrinse gli abitanti di Luco a lavorare, con un compenso della metà rispetto agli operai specializzati, ai lavori di prosciugamento.

I luchesi in 360 operai suddivisi in 80 barche lavorarono per rinnovare il limo ed aiutare le due macchine cavafondi per il grande collettore.

” … È manifesto che se nella regione dei Marsi si vuol rendere florida l’agricoltura, migliorare la pastorizia e dare impulso ad ogni ramo di industria, l’impresa di prosciugare il Fucino non può andare disgiunta da quella di riordinare l’industria campestre dei monti e dall’altra di costruire la grande strada degli Abruzzesi. Con questi mezzi soltanto si può˜ aprire…”

C. AFAN D.R., Progetto della restaurazione dell’emissario di Claudio e dello scolo del Fucino, Napoli 1836. 

Non sempre una presenza muta e silenziosa quella della donna nel Fucino. E ‘necessario infatti, ricordare come la ristretta economia domestica della famiglia pescatore-contadina si avvalesse anche, necessariamente, della forza lavoro delle madri di famiglia. Dalla pulitura e successivo confezionamento in appositi cesti del pesce che sarebbe stato poi venduto in mercati, anche fuori regione (a Roma per es.); alla fatica, di cui si fecero carico, per approvvigionare la famiglia del proprio bisogno giornaliero di acqua percorrendo, con le conche, distanze di varie miglia quando le sorgenti di Luco dei Marsi cominciarono a seccarsi per i lavori di prosciugamento del Fucino; allo sciopero intrapreso, nel 1913, contro la politica dei Torlonia per i salari applicati, e chiaramente inadeguati, relativi alla raccolta delle barbabietole, rivendicazione piuttosto ardita per l’epoca se si pensa alla condizione femminile di allora.

Unico proprietario dei 15.000 h. di terreno emerso fu il principe Torlonia che obbligava l’affittuario, a parte specifiche esenzioni, a produrre soprattutto barbabietole da zucchero, vendute poi all’unico zuccherificio, sempre dei Torlonia proprietari, fra l’altro, anche della Banca del Fucino a cui i residenti ricorrevano per chiedere prestiti. La famiglia del contadino veniva così privata della preziosa coltivazione di quei beni prodotti per la sussistenza e l’autoconsumo del proprio nucleo familiare.

Solo nel 1951, dopo anni di lunghe ed aspre lotte da parte delle leghe contadine, i 15.000 h. di terra del Fucino vennero espropriati alla famiglia Torlonia, perché l’appartenenza privata di una così grande superficie costituiva una situazione antidemocratica di monopolio. (I. Silone)

Il 28 luglio 1888 veniva inaugurato il tronco ferroviario Roma-Sulmona che passava per Avezzano. L’Abruzzo veniva così “integrato con le altre regioni dell’Italia Unita, determinando notevoli vantaggi economici per le popolazioni residenti”.

Come afferma Febonio nella Historia Marsorum del 1678 (Polla ed., 1994) la notte in cui la furia del lago si abbatté sugli edifici (di Penna), le acque raggiunsero il tetto della chiesa parrocchiale; al mattino seguente gli abitanti si resero conto che l’immagine della Madonna era andata perduta; disperando di poterla ritrovare, si recarono nella vicina chiesa di S. Vincenzo dove ritrovarono la venerata icona miracolosamente traslocata e deposta sull’altare maggiore. Allora, per la gioia di un così grande dono, dimenticarono le presenti disgrazie e piangendo cantarono lodi a Dio e alla Vergine.

In direzione del mezzogiorno, alle pendici del monte Penna ed a 6000 passi da Alba, giacciono resti di fondamenta e muri di case diroccate, ora visibili per il progressivo ritirarsi delle acque del lago. Queste case una volta si trovavano nelle vicinanze del lago e vennero travolte dalla furia delle acque, come lo furono un tempo quelle di Pinna. Il territorio coltivabile è ristretto, ma in compenso assai fertile e, benché non produca grano sufficiente, le uve invece producono vino abbondante la cui bontà è assai apprezzata dagli abitanti dei paesi vicini. Tuttavia essi hanno scarsa dimestichezza con la viticoltura e si occupano maggiormente della pesca a cui traggono guadagno e ricchezza. (Febonio).

Il paese (di Trasacco) è delimitato dal lago e dalla montagna fino alle cui pendici si estende nel piano ed è noto per il culto del martire Cesidio; la chiesa a lui dedicata, splendida fin dall’antica forma, assunse poi un aspetto nuovo e con le restaurazioni crebbe in ampiezza e in dimensione. (Febonio).