Il luogo del santo eremita e la pittura che prova a raccontare il suo tempo.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Nell’edificio di sant’Onofrio “s’entrava per una piccola porticella ed aveva una finestra con una piccola cancellata di ferro”, Pietro da Morrone lì diceva la messa narrano le fonti storiche. Inoltre sono presenti altre celle, ancora visibili nell’edificio, cioè la costruzione estesa che si appoggia sulla montagna del Morrone a metà costa questa che ingloba i siti storici dell’eremitaggio in un Medioevo dell’anacoretismo: una vocazione cercare riparo nelle speconche scavate nella roccia. La vita religiosa così condotta nella solitudine, penitenza e nell’incontro con le comunità locali che salivano la montagna dalla fascia pedemontana del Morrone e poi Sulmona, nella Conca Peligna. Gli elementi distintivi del cenacolo dell’eremita. Il crocifisso affrescato con Maria (incrocia le braccia, è vinta…) e Giovanni (pensoso e afflitto, medita…) e, sovrastanti ai lati, due angeli. La volta è a botte, dipinta in lapislazzuli con stelle a otto raggi. Nella lunetta si staglia l’immagine della Vergine in trono tra il sole e la luna ai lati (elementi non certo religiosi), ha il Bambino che lo sorregge teneramente, e questi tende il braccio per accarezzarla: una rivoluzione di un naturalismo impensabile in questo luogo defilato della confessione cristiana, estremo. Nell’altra lunetta dell’aula San Benedictus, austero, nella posa con il libro chiuso e la mano benedicente, S. Maurus e S. Antonius entrambi con tunica gialla officiante e mantello rosso celebrativo, secondo lo storico locale Pietro Piccirilli. Con la cocolla e il cappuccio rosso porpora in un mantello bianco è dipinto invece San Pietro Celestino con la mano destra sorregge il mantello increspato dal corpo, con la sinistra dentro un guanto bianco tiene la palma del martirio, attribuito simbolo ma enigmatico tuttavia questo riferimento pittorico. San Pietro Celestino ha la tiara che copre il capo, trilobata, e una lunga chioma fin sulle spalle quasi fosse un cavaliere medioevale. Il ciclo degli affreschi ha una sua prima stesura nel XIII secolo, pittore un Magister Gentilis citato dal Piccirilli.