Il miele dell’eternità. La biodiversità dell’Alto Aterno. (Prima parte)

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

“Un’ape or entra, per la chioma di Iulia che l’illude. Nell’àlveo d’un ricciolo si chiude.” Così, nella poesia “Le terme” di Gabriele d’Annunzio l’omaggio finale alle api curiose, ma noi, invece, siamo andati a “chiuderci”, viceversa, nel loro mondo misterioso e leggendario, dentro il regno della biodiversità sconosciuto ai flussi antropici:  dove L’Alto Aterno finisce. La frontiera. Poi, oltre, solo boschi e una sterminata macchia appenninica di faggi secolari, castagni e querce che ondeggia sui rilievi, si plasma nelle depressioni senza soluzione di continuità fino al bosco sacrale dell’epopea di Patrignone, sito comunitario patrimonio dell’Italia centrale, e di leggende, accadimenti prodigiosi, narrazioni epiche mai estinte di personaggi mitologici avvolti dal mistero che abitano lì da secoli, come nella foresta di Fangorn nel film Il Signore degli Anelli. Colle Verrico, 20 residenti tutto l’anno, quota 1200 metri, frazione di Montereale. Le Api riconoscono gli “uomini” dagli apicoltori, mi dicono Angelo Maggi e Alessandro Novelli A, due dei quattro volenterosi delle api e della “frontiera” (insieme a Giacomo Novelli e Benedetto Guerrini), mentre nella località “La croce”, in una radura, indossiamo gli scafandri che assomigliano a una sorta di tuta dei primi viaggi spaziali, per avvicinarci alle arnie che contengono i telaini da nido delle api. Si aprono con molta cautela. E poi devi restare calmo quando le api volano, ti “vogliono conoscere”, sì proprio così, ispezionarti, si poggiano sullo scafandro, le vedi sulla retina che copre il viso quasi attaccate agli occhi, sempre di più, numerose ma loro, Angelo e Alessandro, si tolgono i guanti, le toccano, indicano la regina, altre camminano sulle loro dita: è in atto quella magia occulta del riconoscimento, mentre io sono sopraffatto da una nube nera ronzante, ma è sufficiente controllare la trepidazione… Danzano le api, comunicano con il corpo, in un moto circolare, disegnano un otto o una geometria che sottintende l’infinito, senza fine come da tempo immemorabile il mondo delle api silenzioso e virtuoso. Se scompaiono le api il mondo si estinguerà. Le esploratrici comunicano con le bottinatrici che sono quelle che raccolgono il nettare dai fiori in un dinamismo frenetico, senza distrazione alcuna. “Come l’ape raccoglie il succo dei fiori senza danneggiare colore e profumo, così il saggio dimori nel mondo”. Buddha. Dai ciliegi, ai pruni e meli selvatici ai meli la loro dispensa, mentre sui campi il tarassaco, lupinella, lavanda, timo, ginestrino, rovo. Salvatore Giardini, classe 1894 di Colle Verrico, Signore dei boschi, costruttore di carbonaie, patriota contro i sopprusi e spirito libero, tornato dalla guerra, apriva  le arnie, si buttava il vino in faccia, le api non lo toccavano, usava miele e cenere per curare le ferite dei cavalli e pecore, non c’era il veterinario… Antibiotico e antinfiammatorio invece per la farmacopea contadina. Ogni famiglia, oltre gli animali da cortile e da lavoro nei boschi, aveva un alveare, sopra le travi della stalla, dentro un tronco scavato, vicino un albero, in una baracca distante. Dopo che le api avevano sciamato, si raccoglieva il miele, ma poi bisognava orientare la regina con la sua corte nel nuovo nido già preparato. Allora, come i “magari” – guaritori contadini, le donne battevano le pentole, e inseguendo il loro movimento nella sciamatura, orientavano il volo delle api fino al nuovo nido per la produzione del miele in un rito preparatorio, apotropaico, magico ma calato dentro una società marginale che si preparava con le proprie risorse e si adattava ai contesti ambientali dei lunghi inverni, chiusa e senza comunicazioni nel suo tempo, dove il miele guariva gli uomini e gli animali, barattato poi con altri alimenti, sostituiva lo sconosciuto zucchero, prezioso oro il miele : “Una mattina mi sveglio, al soffiare del vento montano, carico di miele e nettare, e divento lui”. Beorn , personaggio de “Il Signore degli Anelli”.

Nelle immagini, Angelo Maggi e Alessandro Novelli e le arnie della località “La croce” di Colle Verrico, frazione di Montereale.