Il palazzo di “Barbanera” e la zecca dei briganti. I marenghi d’oro nascosti a Fontecchio.Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Il documento :” Corte di Appello degli Abruzzi, l’anno 1864, il giorno 18 ottobre, in Aquila, alle ore otto antimeridiane, la Corte di Appello, Sezione accusa, si è oggi  riunita nella camera di Consiglio…”.

L’accusa: “ fabbricazione ed esperzione  – è riportato  nel manoscritto – di false monete d’oro e d’argento, con contraffazione di queste del Regio conio e di conio estero con intelligenza coi falsificatori di esse, non che di dolorosa esperzione delle suddette monete… Conferma la cattura, ed ordina la loro traduzione nelle carceri giudiziarie di questo capoluogo, qualora già non vi si trovino”. Gli imputati: Alias Puccitto, armiere di Fontecchio; un pizzicagnolo” di Cittaducale; un altro di Fontecchio; uno “spacciatore di Sali”; un contadino di Tione; un altro contadino di San Pio Fontecchio; Alias Scarpella di Pedicciano e infine una donna, sempre di Fontecchio; così cita il voluminoso atto conservato presso l’Archivio di Stato dell’Aquila dal titolo: “Corte d’Appello, Sezione accusa, anno 1864, volume II, carta 254, verso”. Un documento particolare, questo del 18 ottobre, diverso, rispetto a quelli che a seguire citano la repressione del brigantaggio postunitario e dei suoi innumerevoli focolai, bande armate, che divampano, in quel periodo, dovunque nei centri della valle dell’Aterno fino ai boschi del Sirente, loro rifugio naturale. Per trovare il palazzo, in via delle Rondini, a Fontecchio, bisogna entrare nel nucleo più antico dell’abitato e inoltrarsi nel dedalo di vie, alla ricerca dei segni di un’antropologia criminale, evitando, magari, di chiedere di “Barbanera”, che a differenza dei documenti storici sul brigantaggio, ha viaggiato per lungo tempo solo con la tradizione orale e i miti, di questo luogo. “Ho sentito raccontare – ci dice Bruno Ernani, classe 1935 – e lo diceva anche mio nonno, che “Barbanera” aveva fatto la “riserva dei marenghi” … Mio nonno Gasparini Antonio, fornaio, comprò il palazzo da “Barbanera”, e, nell’atto della vendita, si era riservato di portarsi via porte e finestre… perché lì c’erano i segreti… Dentro gli scuri delle finestre, doghettate, nelle “caselle”, si infilavano i marenghi che così si nascondevano. “Barbanera” poteva essere anche un affiliato, persona capace, molto intelligente per arrivare ad istallare con i briganti, diversi soci, una zecca per coniare i marenghi e nasconderli in quel modo. Nel fare l’atto di testamento ai figli, aveva detto sì di riservarsi porte e finestre nella vendita del palazzo, ma quella comunque era una precauzione”. Voleva mettersi al riparo da una morte improvvisa poiché aveva bisogno di tempo per disegnare la mappa e seppellire la cassa di marenghi sotto una macerina di pietre. Continua il racconto di Ernani. “I figli non sapevano niente. I sacchetti dei marenghi nel palazzo, inoltre, si nascondevano anche dietro alcune tavole nello stipetto che ancora oggi si conserva”. Mentre nell’ultima camera, all’ultimo piano, c’era il torchio per imprimere le monete. Nel soffitto, da una buca scendeva una madrevite, che si avvitava sul torchio per la stampa dei metalli falsi. È stata murata. I due figli di “Barbanera”, seguendo la tracci disegnata dal padre, la mappa del tesoro, un giorno, si trovarono a scalzare un cumulo di pietre. Uno dei due fratelli sotto le pietre sentì che c’era un tavolato, “aveva bussato sul legno” e trovato finalmente la cassa dei marenghi. Ma disse all’altro fratello: “Senti qui non c’è niente, non stiamo a perdere tempo, andiamo via…”. Dopo, ritornato da solo, ha tirato fuori la cassa dei marenghi e si dice che abbia costruito con quel tesoro un intero isolato lungo la strada che attraversa Fontecchio”, ma che smisero di percorrere i vari “Picciotto”, il “pizzicagnolo”, “Scalpella, lo “spacciatore di Sali” e gli altri componenti della “banda di malfattori” dei falsi marenghi d’oro.

Il segreter dei marenghi d’oro. Dietro le tavolette si nascondevano le false monete d’oro. Il soffitto della camera dove è stata murata la madrevite del torchio utilizzato per falsificare i marenghi.