Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La trama delle relazioni in una vera e propria antropologia declinata al presepio, in questo periodo dell’anno, riemerge. Il valore fondativo di una comunità locale nelle periferie della città, non ancora immutato, è costituito da racconti sedimentati in chiave natalizia, e assume un forte impatto culturale che si riverbera nella scenografia della Natività secondo il Vangelo di Luca che descrive la nascita di Gesù. Filologia e narrazione, ma soprattutto la tradizione secolare che si è impossessata delle testimonianze nella cultura locale dei borghi, si tramanda nell’affabulazione. Gli elementi sul campo sono tessuti in una trama narrativa: la grotta, la stella cometa, una mangiatoia, il bue e l’asinello, i re Magi e poi, una società della coesistenza ma povera dei propri averi, sono i protagonisti del presepe che popolano l’immaginario, soprattutto dei bambini, ai quali viene affidato il compito di portare avanti la pedagogia dell’Evento Natività. L’antologia dei personaggi fiabeschi si avvicina e crea l’involucro in cui i pastori – in particolare – sono coloro che determinano il presepio, “in cammino”, con una “bussola morale collettiva”, simbolicamente così rappresentati nel percorso di avventure e scoperte, sorprese e rivelazioni e nell’offerta dei doni per giungere infine, alla Sacra Famiglia che per altro non li attende, poiché è stata costretta – “migrante” essa stessa – a scegliere un riparo per necessità, per aggrapparsi alla salvezza. E se questo della “salvezza” ha un forte richiamo epico lontano nel tempo, è attualizzata, oggi, in quella bambina della Serra Leone di undici anni costretta a un riparo per necessità, soccorsa, per tre giorni alla deriva nel Canale di Sicilia, dopo il naufragio ( imbarcazione con a bordo altre 45 persone, dispersa ), attaccata a due copertoni, “aggrappata alla salvezza” soccorsa da un’organizzazione Ong tedesca Compass Collective – collettivo bussola, alle 3,20 del mattino della notte fonda tra il vento che ululava oltre 23 nodi, onde alte più di tre metri, il motore dell’ imbarcazione assordante della Ong, e le sue grida in lontananza. Ecco, una comunità forte, che condivide una bussola morale collettiva è in quel “presepe…” che è ovunque, sì, anche nel mare, che non ha più domicili, ma è salvezza mentre quelle persone che hanno prestato soccorso sono molto vicine alla Natività a loro insaputa, al dramma dei migranti come la Sacra Famiglia che viene assistita e protetta. “Mentre fissiamo lo sguardo sulla Santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga – ha dichiarato Papa Bergoglio – pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento”. E pertanto, quei naviganti dell’Ong metabolizzano una dimensione lontana dai pregiudizi e stereotipi del “diverso”, purtroppo di appartenenza intorno a noi, di cui siamo sempre più invasi. Non accadrà mai, ma pensate se quei tre giorni di quella bambina potessero diventare un racconto per la scuola, un breve racconto tanto raccapricciante quanto fortemente educativo: nel mondo della didattica e della formazione e non solo degli studenti ma anche per i docenti, ci sarà mai un posto per riflettere su questa “Natività…”.