Il Vedutismo, il sublime, il Grand Tour.

“Canaletto 1697-1768”: le opere in mostra al Museo di Roma, Palazzo Braschi.

Fotografia Vincenzo Battista.

Giovanni Antonio Canal (Venezia 1697 -1768) noto come Canaletto, in una grande retrospettiva negli spazi espositivi del Museo di Roma Palazzo Braschi a Piazza Navona. La mostra presenta il più grande nucleo di opere di sua mano mai esposto in Italia: 42 dipinti, inclusi alcuni celebri capolavori, 9 disegni e 16 libri e documenti d’archivio.

Il percorso, nelle sale di palazzo Braschi, si snoda attraverso otto sezioni che raccontano il rapporto dell’artista con il teatro (va ricordato che inizialmente Canaletto si occupò di scenografia), il capriccio archeologico ispirato alle rovine di Roma antica, i successi iniziali a Venezia, gli anni d’oro del pittore, il rapporto con i suoi collaboratori, il suo atelier, le vedute di Roma e dell’Inghilterra. In definitiva il passaggio di una personalità creativa, sensibile e innovativa e il segno da lui lasciato. Il genio di Canaletto ha rivoluzionato il genere della veduta, fino allora ritenuto secondario, elevandolo al rango di pittura di storia e di figura, emblema degli ideali scientifici e artistici della sua epoca: quella, ai nostri occhi ancora tanto interessante, dell’Illuminismo.


Dalla giovinezza tra Venezia e Roma come uomo di teatro e impetuoso pittore di rovine romane, al suo ritorno da Roma come stella nascente sulla scena delle vedute veneziane. Prosegue poi arrivando al successo internazionale, con le commissioni degli ambasciatori stranieri per le ampie tele che rappresentano le feste della Serenissima in loro onore – in mostra si può ammirare il magnifico Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell’Ascensione del Museo Pushkin – e l’entusiasmo dei turisti inglesi del Grand Tour. Per loro le luminose vedute di Venezia, così ricche di dettagli architettonici e di vita quotidiana.

Non mancano, però, imprevisti e sfortune: a Londra deve pubblicare annunci sulla stampa per rispondere ad alcune voci denigratorie e, tornato a Venezia, viene eletto accademico delle Belle Arti con difficoltà. Infine, come accade a molti geni, la morte lo coglie in povertà.