Testo e fotografia Vincenzo Battista.

I due aguzzini, con i volti delinquenziali, alcolizzati forse ebbri, e certamente affamati di odio, sono intorno alla “Flagellazione di Cristo” su una colonna appena percepita che si alza nel buio fitto della tortura (olio su tela, a. 1607 -1608, cm. 286 x 213. Napoli, Museo di Capodimonte, autore Michelangelo Merisi pseudonimo  Caravaggio). Forse Caravaggio li ha incontrati, disegnati, ha preso appunti visivi, in qualche bettola di Trastevere tra gli avventori, e perché no tra i suoi frequentatori di risse e coltellate a cui lui, certo, non si sottraeva, e quindi memorizzati e trasfigurati nella grande opera pittorica come detto della “Flagellazione di Cristo”. Le stamberghe maleodoranti, con le ciotole in legno di fagioli o altro scodellate di un cibo improbabile, i topi che girano dappertutto, rischiarati da fasci di luce spigolosa delle fiaccole (sarà la stessa che usa Caravaggio negli squarci luce – ombra della sua pittura, preparata per strati in fondi scuri inizialmente, poi mezzi toni e i chiari, cioè la luce), i tavolacci luridi e le prostitute che si gettavano tra le braccia degli avventori, un ambiente malsano perennemente allertato del sangue che può scorrere da un istante all’altro, gente da basso impero. I volti, con i lineamenti abbrutiti da taverna spericolata, lurida, traslati e portati in pittura da Caravaggio sui Santi e Madonne, ma non in Gesù, persone dai dialoghi incomprensibili, pregiudicati a dir poco per le loro nefandezze.  Ma, ma…, questa scenica rappresentazione descritta per difetto… è la celebrazione di una pittura di un “genio disadattato”, (un po’ come Michelangelo Buonarroti e Vincent Van Gogh) appunto Caravaggio, che costringe a riscrivere la storia della pittura e oggi dell’arte nel suo intendimento più profondo e semantico. Filippo Neri disse a Caravaggio: “vedo in te due lupi che lottano uno contro l’altro e devono sbranarsi a vicenda.” Caravaggio rispose: “Quale dei due riuscirà a vincere?” Filippo Neri ribatté: “Quello che tu avrai nutrito di più…”.

Lui, Caravaggio, è l’incipit, l’inizio, il prologo e intorno non c’è che il “nulla” che gli possa contendere il primato (fino al punto che, persino, potremmo scoprire con stupore la sua profonda religiosità, fuori dagli schemi e dai canoni) e lo vediamo, appunto, nella “Flagellazione di Cristo”” in cui Gesù non si sottrae al martirio, anzi… Caravaggio vuole dirci che Gesù è in ogni dove, in ogni luogo, senza censure anche in quelle  bettole, in nome di un cristianesimo che per capirlo – attenzione – bisogna avere le spalle larghe, distanziarsi dalla Chiesa ufficiale, in una sua narrazione pittorica che piacerebbe a Papa Francesco… L’opera. Gesù con il volto mediorientale quanto basta, dai tratti raffinati, colti, consapevole di tutto quello che sta sopportando, e in contrasto con la sua possente muscolatura matura e innocua, accoglie la flagellazione con quella testa appena reclinata, con il busto e le stesse spalle tanto possenti quanto inoffensive che scendono in diagonale, accompagnando il movimento ( il corpo tagliato dalla luce forte e imponente, a cui si aggiunge il particolare del ventre molle, che si appende in un disarmante naturalismo antropologico della persona ), che ha comunque, in sé, una dirompente forza plastica, combinata tra gli arti del corpo “Ecce Homo”. Gesù sembra accogliere l’azione irruenta propedeutica alla Crocifissione con mansueta calma, unita a una leggerezza dell’essere, sì Gesù, sopra ogni condizione dello spirito e del corpo. Che cosa è Caravaggio…! Impensabile, sui dettagli si potrebbero scrivere pagine e pagine, un pittore che riesce a dipingere persino la polvere che si leva dei tavolacci dei pavimenti nelle stamberghe del vizio, e poi subentra la nostalgia, sì, dei ragazzi del liceo dell’Aquila nelle conversazioni in aula di storia dell’arte, sì, delle loro conquiste in classe, e poi meno, molto meno la nostalgia nell’apparatodella scuola. Infine. Sulla destra del quadro, un torturatore intento a serrare le mani di Gesù dietro la schiena, e quindi alla colonna, si appoggia con la pianta del suo piede sinistro per fare leva e imprimere forza sul polpaccio della gamba sinistra di Gesù. C’è un atto plastico contro la persona più cruento di questo? E come si può arrivare a concepire una tale nefandezza dinamica su una persona impotente? Ecco, potete ora trovare le risposte…