“Jalli remposti” del Gran Sasso d’Italia.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“Jalli remposti”, un luogo, che solo a cercarlo tra le gobbe lunari del passo delle Capannelle affascina e incuriosisce, poiché evoca nell’immaginario collettivo guerre e disfatte, solitudini miti medioevali di torri fortificate assaltate e poi abbandonate, e leggende non ancora estinte del Gran Sasso d’Italia. “Jalli remposti”, in grado di durare nel tempo.

“Jalli remposti”, località fonte Vinnoli, quota 1442 s.l.m., iscritta nel catasto di Arischia (AQ). Forse una famiglia, raccontano ad Arischia, che con la  masseria, siamo probabilmente intorno alla fine del XVIII sec., si era “imposta” e collocata sopra le altre, cioè aveva costruito, prelevando le pietre dalle macerine del territorio limitrofo, alzando i muri rivestiti con la calce ( trasportata dal paese con carri e animali)  e i recinti a secco, una sorta di micro-villaggio per governare uomini, cose e mandrie, per avere, infine, il primato in quota, altimetrico, sulle altre costruzioni diffuse dentro un immenso territorio ondulato di altopiani, conche e depressioni: un’area ricca e feconda della pastorizia e agricoltura in quota (cicerchie, farro, patate, orzo e grano). “Jalli remposti” è il racconto delle pietre tolte dal paesaggio, nell’ambito dell’attività definita transumanza verticale, cioè l’immissione dei capi ovini dai centri dell’aquilano fino ai pascoli in quota del Gran Sasso d’Italia da giugno a settembre. Le contrade di piano di Rotigliano e colle Alto scendono nella valle del Vasto in un ambito geografico diffuso di masserie, basse, schiacciate al suolo, con un “impatto ambientale”, se possiamo chiamarlo così, da far invidia nel rispetto del paesaggio, del costruito, ubicato  quasi sul labbro della dolina carsica che avvolge la masseria di “Jalli remposti”. Gli ambienti, utilizzati da tre famiglie di Arischia, si distinguevano per il ricovero del gregge (la volta a botte), il locale per la lavorazione del formaggio e la conservazione dei prodotti caseari, la stanza per deposito masserizie, il luogo per il pernottamento dei pastori ( con il camino) costruito in un locale per il controllo del gregge nel recinto contiguo in pietra che cingeva quasi la masseria (stazionamento estivo degli armenti). Infine il locale, strategico che si alzava su tutta la masseria quasi a formare una torre, per la ricchezza e la quantità dei prodotti in essiccazione (formaggi e ricotte), da preservare prima del trasporto nei centri dei mercati di vendita.

All’interno della masseria, oramai diruta, le colonne in pietra e calce rivestite con l’intonaco, al centro dello spazio del ricovero degli animali e posizionate anche lungo un muro, oltre che sostenere il tetto, avevano la funzione di non ferire i capi ovini, soprattutto le pecore gravide. La conformazione delle colonne era concepita per far scivolare intorno ad esse il corpo dell’animale, appunto senza ferirlo, quando il gregge spingeva per entrare nel locale.

Nei fori delle pareti esterne, invece, si allestivano le travi orizzontali per appendere il caldaio, con sotto il fuoco, per la lavorazione del formaggio, mentre le feritoie, piccole, dall’interno, permettevano ai pastori di controllare il paesaggio circostante. I muri in pietra, alti nella loro conformazione, perimetrali dell’accampamento, difendevano il gregge dall’attacco dei lupi, costruiti in pietra a secco sovrapposte, sulla pendenza del suolo scavato. Il paramento murario è costituito da pietre lisce, con una inclinazione verso l’interno nel piano di fondazione per una maggiore tenuta dell’impianto murario. Man mano che si procedeva verso l’alto, nella costruzione del muro – recinto, l’impianto si assottigliava. Nello spigolo del recinto venivano utilizzati grandi pietre cantonali ad angolo, lavorate con scalpelli, che formavano una sorta di cuneo di sostegno e ancoraggio delle pareti in pietra a secco che lì si congiungevano, nel principio di rendere fortificata la cubatura difensiva.

Una leggenda medioevale, infine, racconta che nella valle Sarraciano o Saraceno, contigua alla masseria “Jalli remposti”, furono seppellite le donne saracene che non si erano convertite al cristianesimo.

Le immagini della masseria “Jalli remposti”.

Un particolare ringraziamento ad Abramo Colageo, Arischia.