L’ Aquila. La cella della devozione nella Madonna “Fore”. La Domenica delle Palme.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La Madonna “Fore”, extra moenia, “lasciatu avea ju core, alla Madonna Fore” negli struggenti versi dialettali del poeta Felice Cerulli, cella della penitenza e spelonca degli eremiti, prima di diventare un oratorio, forse la datazione intorno al 1200, osservando la piccola finestra strombata in pietre di concio che prova ad illuminare la stessa cella. Poi, in quell’edilizia storica le superfetazioni, tutte le addizioni strutturali alla grotta del sito primitivo, intorno al quale sono state aggiunte, nei secoli, ma che ci consentono la coerenza e la leggibilità dell’intero complesso anche attraverso “frammenti” di permanenze architettoniche: il Romanico per esempio, il Cinquecento per terminare con la facciata e la chiesa Settecentesca. La Madonna “Fore” (900 m.), appartenente alla storica congregazione della Madonna dei Sette Dolori, in quel cuneo geologico alla periferia dell’Aquila tra la forra di Morcone e Slinco, nella valle di San Giuliano, quasi a ricapitolare e compendiare un “ordine” alla foresta dell’insidia che la avvolgeva, nell’immaginario collettivo, radice dell’esoterico nelle culture agrarie medievali che dovevano colonizzare, “pettinare” con la loro presenza antropica, il paesaggio con il solo strumento conosciuto: la fede che prevale il mito e la paura dell’ignoto. Ma oltre le fonti storiche ricostruttive il sito, molto vicino agli aquilani, anche per l’interpretazione paesaggistica e le continue frequentazioni, è la grotta, la cella, dove visse l’eremita il topos, luogo per eccellenza del bosco che riconduce lì, alla spelonca, rivestita con una volta a botte e la cavità terminale che forma un’abside coperto da un incerto intonaco che trasuda acqua. I pellegrini, in quel luogo, in quella iniziale cella religiosa rupestre, sui gradini uno per uno, su tutti, sostavano (facciata laterale della chiesa, coperti da un loggiato) in ginocchio, in raccoglimento sedevano sul cordolo in pietra davanti al portale e poi entravano nella grotta, si sdraiavano, toccavano le pareti della roccia dalla elevata santità eremitica così attribuita (attività comune questa e diffusa ad altri siti della montagna, degli eremiti nella Conca Aquilana). Infine, l’editto della confraternita dei Sette Dolori: aprire la chiesa ai fedeli e ai loro ex voto per grazia ricevuta, nelle festività, soprattutto a partire dalla Domenica delle Palme…