Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Nel 1989, in un rinvenimento fortuito in piazza Ferrari a Rimini, emersero le tracce di una domus di epoca romana estesa su una superficie di oltre 700 mq. Il sito residenziale dell’antica Ariminum fu individuato ai lati di un cardine e di un decumano datati tarda antichità, edifico domus del chirurgo per la particolare attività che lì si svolgeva. Costituisce, e lo vedremo, un unicum delle permanenze archeologiche di epoca romana non riscontrabile in nessun altro scavo archeologico conservativo e divulgativo dell’Impero. La domus del chirurgo, costruita nella seconda metà del II secolo d. C., si presenta con l’abitazione a due piani, l’ingresso e il disimpegno, il corridoio interno che fronteggiava il giardino, mentre gli interni erano decorati alle pareti con affreschi policromi, geometrici e figurativi. La sala da pranzo (triclinium), il cubiculo (camera da letto), le stanze del soggiorno pavimentate con motivi floreali allegorici e geometrici, felini a caccia e stambecchi in una scenica sequenza. In una stanza operatoria è presente un mosaico di Orfeo tra gli animali, poi un ambiente riscaldato è un luogo per una latrina. Al piano superiore la cucina e le dispensa. L’incendio successivo al III secolo d. C., e il crollo delle stanze al piano superiore, hanno determinato la conservazione dei suppellettili diagnostici, gli oggetti chirurgici, arredi sepolti e stratificati, rinvenuti alcuni sul pavimento in mosaico della domus. I materiali recuperati: attrezzature chirurgiche e farmacologiche, oggetti in bronzo per gli interventi sul corpo umano e vasellame, documentano l’attività professionale del chirurgo domiciliato nell’ultima fase storica della domus – residenza operatoria. Sull’edificio, in successione, grazie agli scavi archeologici, le strutture altomedioevali a testimonianza di un diverso utilizzo dell’area urbanistica. La taberna medica accoglieva i pazienti, il dominus operava nelle sale. Il chirurgo (eutyches), colto e ricco, somministrava farmaci per uso terapeutico. Il cospicuo strumentario emerso dagli scavi, i ferri d’uso specialistico per interventi di chirurgia, ortopedia, odontoiatria, urologia. Nella cassettina il legno e metallo gli stessi oggetti per gli interventi venivano così conservati. Negli astucci cilindrici in cuoio e stoffa gli utensili più delicati. Le medicine preparate, terapeutiche, di origine animale, vegetale e minerale pestate prime nei mortai e conservate nelle ampolle di vetro e terracotta. In bronzo, ferro e rame gli strumenti per entrare nel corpo umano e curarlo. Per le prescrizioni mediche il chirurgo utilizzava le tavolette (tabule) con cornici in legno e all’interno ricoperte di cera per scrivere con lo stilus.




Il Plastico della Domus del Chirurgo.
Il corridoio, il giardino e le sale di attesa e operatorie con i mosaici e le pareti affrescate. La grata della finestra rinvenuta a seguito dello scavo archeologico.