La fede che esalta il dolore.

Testo di Vincenzo Battista.

“… Si avanzano così, come rettili. Una superstizione cupa li accecava; tutta quell’afa, tutto quel lezzo, tutto quel suono, e l’odore dell’incenso, e il tremolio delle fiammelle, e l’alito ardente che le pareti umane ventavano, tutto lì abbatteva in uno stupidimento sacro, li abbarbagliava in un’allucinazione di fede, li esaltava nel dolore. S’avanzavano così verso la muta bianca metallica statua del santo che pareva attrarli con la vuota fissità degli occhi bucati. E giungevano al santo, e gli si abbrancavano al collo in un supremo impeto che pareva d’odio…” scrive il giovane Gabriele D’Annunzio, “membro” del “Cenacolo” di Francavilla a Mare, il “Tempio dei sacerdoti dell’arte” così chiamato, a cui aderiscono intorno al 1880 lo scultore Costantino Barbella, il demologo Antonio De Nino, il musicista Francesco Paolo Tosti, l’etnologo Gaetano Finamore e tanti altri, ma soprattutto lui, Francesco Paolo Michetti, il promotore nella sua casa del “gruppo interdisciplinare”, maestro del realismo e della natura; l’artista che segna più di tutti e consacra con la sua pittura la forza di un Abruzzo antropologico, dalle cerimonie arcane, stipate in angoli remoti, e apre una prospettiva nuova, inimmaginabile nella pittura italiana di fine Ottocento: un salto nella dettagliata, a volte raccapricciante, ambientazione realista. Miglianico, la festa di San Pantaleone: ” Nella calura soffocante dell’estate, dentro la chiesa – scrive ancora D’Annunzio di quei relitti che avanzano – tra il lezzo bestiale che esalava da quei mucchi di corpi umani accalcati nella mezza ombra”, il “Cenacolo” è in trasferta, come spesso accade, nell’entroterra, lungo gli itinerari dei sentieri dolenti delle plebi meridionali, soffocate dalla miseria, che si riuniscono nelle processioni, nei culti dalla arcaica richiesta di un miracolo, in quella disperazione che assomiglia a un girone dantesco, in cui si accalcano corpi denudati, deformi, di storpi imploranti, lasciati ai bordi delle strade attraversate dai pellegrini riuniti nelle processioni che D’Annunzio e Michetti, lo straordinario ticket di “osservatori”, documentano, non privi di sgomento, quest’ultimo con la fotografia, divenuta per lui un vero e proprio linguaggio etnofotografico, freddo documento, strumento di analisi ed elaborazione linguistica che nelle sue mani si affina, diviene messaggio di rilevanza storica, che cede al Michetti pittore, in una sorta di sdoppiamento, per rappresentarlo nelle sue opere simboliche dell’Abruzzo antico dei miti che tanto impressionano la critica del tempo. E infatti sia nelle grandi tele del “Voto”, “La processione del Corpus Domini”, “La figlia di Jorio”, ” Gli storpi”, “Le serpi”, si rinvengono i passaggi di questa sottile e raffinata metamorfosi fotografia – pittura che raggiunge con l’olio su tela ” I morticelli” il suo stadio più alto di sintesi, dove i due linguaggi convivono: la tela quindi, una sorta di pellicola, un’enorme strisciata filmica dove si snoda il racconto dolente con tutti i suoi personaggi in una inquadratura che richiama l’ottica di un grandangolo di una macchina fotografica, aperta sul dramma di una storia struggente: il funerale sulla spiaggia, sulle dune; il corteo con i due neonati morti, il lamento dei familiari, l’accompagno dei musici; il mare e quella particolare luce pomeridiana. Un’opera che bisogna leggere (si evidenzia persino l’ombra del ciglio dell’occhio di una giovane che porta il cero), osservarla; cresce come un racconto nel suo allestimento a suo tempo presso il castello dell’Aquila, curato dalla Soprintendenza PSAE che con l’avvallo del Ministero dei Beni Culturali, si è aggiudicata l’acquisizione, strappata ad importanti istituzioni della costa: da non crederci, un Francesco Paolo Michetti all’Aquila, per sempre.

 

L’opera d’arte.

L’allestimento del quadro ” I Morticelli” (anno 1880) di F. P. Michetti (1851- 1929),  olio su tela di cm. 98 x 260, presso il Museo Nazionale d’Abruzzo. Un opera acquisita dalla Soprintendenza PSAE dell’Abruzzo, da vedere e riflettere nella sua particolare ambientazione di voci e suoni.

 

 

Foto: il Picenza.it

 

 

Foto: il Picenza.it

 

 

Foto: pinterest

 

Foto: Roccaille