La fiaba del castello perduto. Incipit.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Le fiabe, indicatori di una coscienza popolare, mentalità e costumi si tramandano, i luoghi consolidano un’appartenenza dello spirito, custodiscono la memoria. Le fiabe sono il collante della vita sociale, vettori comunicativi poiché da qualche parte il mito si è fuso con la ragione. E così le fonti della narrazione sono uniche, irripetibili, hanno una propria radice, l’idea dell’archetipo fiabico. La fiaba è il luogo iniziatico, il cammino, che attraversa la ragione con i suoi “oggetti” magici, riconquista un equilibrio intorno a noi. La narrazione è quindi il suo veicolo: ha un suo riconoscimento in un contesto storico, formalizza il proprio sé, giustifica la propria identità e libera il valore antropologico del luogo – altro, che appartiene a tutti noi.

La fiaba del castello perduto. Incipit.

C’era una volta un uomo ricco e potente che viveva in un castello. Lo aveva costruito lui, in tanto e tanti anni, raccogliendo le pietre dalla montagna. La torre, le mura che si appoggiavano su un dirupo e i camminamenti, le cisterne d’acqua, i magazzini per le scorte alimentari, le stalle e le cantine, la grande porta di accesso avevano preso forma in quel luogo sorto su un’altura a guardia del paesaggio sottostante. Ma una notte senti bisbigliare, mormorare, e quando il vento si alzò improvvisamente e le foglie volarono via avvolte da una enorme nube, il castello iniziò a brillare di una luce bianca, si affaccio quindi il ricco signore ad una finestra del torrione e vide un vapore di colore azzurro salire dalla cinta muraria. Lentamente avvolse tutto il castello. Scese dalla sua residenza, poggio i piedi nel recinto fortificato del castello, inizio a camminare per capire che cosa stesse accadendo davanti ai suoi occhi sorpresi e preoccupati, di così magico e misterioso. Poi si fermò improvvisamentete attratto da qualcosa, e vide che le pietre da lui raccolte…