La fiaba di Natale dei Quattro Pilastri. La spiritualità del Gran Sasso d’Italia.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Il mito religioso viaggia in un contesto definito sacrale, protetto, custodito, e si fa infine anche narrazione nella fiaba in un paesaggio, proviamo a pensare, dai marcati elementi paesaggistici che lo definiscono patrimonio culturale: Campo Imperatore. Lì si può scorgere una contaminazione tra il tema religioso leggendario (racconto di argomento religioso o eroico) e la fiaba, tracciante il paesaggio – e lo capiremo – nel “viaggio” della “Sacra Famiglia” che tra l’altro, in ogni dove, come sappiamo, in ogni luogo, è comunque narrazione della tradizione popolare che la fa propria, in forma orale la inserisce in contesti locali, e poi viene raccontata e soprattutto ascoltata. Ma anche qui a Campo Imperatore grande distesa del Gran Sasso d’Italia, che questo racconto molto antico della “Natività” in “viaggio” storicizzata e citata da alcuni apostoli (la natività nei vangeli secondo Matteo e secondo Luca oltre che nel Protovangelo di Giacomo), si mescola al meraviglioso e fantastico, al sublime sì, proprio qui è contaminazione, come si diceva, con la fiaba e tutto quel mondo dell’habitat che la avvolge, poiché vive l’immortalità della leggenda che dal latino significa “cose degne di essere lette”. Vediamo. La distesa erbosa ricoperta di neve è davanti a loro, la “Sacra Famiglia”. Ma prima di superare la lunga barriera, si è inerpicata nei fitti boschi del versante opposto, e superato i picchi e le cime, guarda adesso la pianura: sosta, accende il fuoco, trova un giaciglio tra le capanne dei pastori che hanno abbandonato i pascoli e riprende poi il cammino verso la meta finale. Quale? La fiaba narra che le montagne guardarono prima la famiglia composta da Gesù, Maria e Giuseppe, si ascoltarono poi tra loro, decisero di aprire gli occhi, tanti e poi tanti in quella corolla di monti che cinge Campo Imperatore, e poi i fasci di luce delle loro pupille si riunirono come d’incanto per illuminare il sentiero tra le gobbe di neve, le insenature del suolo, gli avvallamenti e il lungo tracciato in quella notte d’inverno. Così fu. E la “Sacra Famiglia”, dopo aver attraversato Campo Imperatore, giunse alle pendici di un colle, l’ultimo da superare, splendente di metafisici bagliori, irradiato dagli occhi di tutte le montagne. Erano vicini alla meta. Da lì giù, nella notte fonda, alzarono lo sguardo e scorsero appena il profilo forse di un castello, con le torri appena percepite avvolte dalle nuvole. Quella era la meta: il castello di Rocca Calascio. Si avvicinarono. La fortezza e i suoi quattro pilastri piantati nella roccia diventarono così il loro ricovero prestabilito da un arcano disegno divinatorio, se non torri proiettate nello spazio stellare della protezione, certamente colonne della sapienza e rifugio della “Sacra Famiglia” giunta alla sua meta finale: il luogo della profezia. Nella notte di Natale, si racconta, che i quattro pilastri della sapienza delle torri di Rocca Calascio si accenderanno di una luce mai vista da queste parti, un colore magico indefinito, squarceranno il buio, e saliranno su colonne di luminosità, irradiate da una forza misteriosa, che tutti potranno vedere dalle valli e dei borghi del Gran Sasso d’Italia: la spiritualità della montagna e il mistero del castello incantato, ma solo allo scoccare della mezzanotte del 24 dicembre, per pochi attimi…

Immagini.

Rocca Calascio, Gran Sasso d’Italia.