Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Dove piega improvvisamente il torrente Raiale, dentro la valle omonima, che solca e si incunea, sprofonda, tortuosa, sembra lamentarsi, tagliando il paesaggio nelle pendici occidentali della barriera di Pizzo Cefalone, contrafforte del Gran Sasso, fino a diventare un imbuto in un luogo mitico, prima di Paganica e infine della Conca Aquilana. Così ci appare il luogo dall’elicottero pilotato da Giorgio Zecca ( scomparso recentemente), 2000 piedi di quota; i bastioni calcarei, allora, si avvicinano sempre di più, si restringono, noi volteggiamo, a spirale, scendiamo lentamente con l’elicottero e la grande roccia prima si scorge dall’alto, addirittura si spacca come per un sortilegio antico, penso, mentre guardo giù il paesaggio, una sorta di scontro tettonico, serrato sotto i pinnacoli dell’antica mulattiera e il corso d’acqua che riflette la luce. Si racconta che in quel luogo impervio neppure i carri potessero superare il varco, appena sufficiente per far passare un uomo a cavallo. All’anziana Maddalena Chiaravalle, che pascolava un gregge in quel posto, per ben tre volte le fu detto, come narra la leggenda tramandata da tempo immemorabile, di far edificare un tempio religioso, un luogo di culto, di devozione, dedicato alla Madonna d’Appari, che miracolosamente le parlò. L’edificio, da una iniziale edicola religiosa in pietra, fu nel corso dei secoli costruito e ampliato con la datazione certa della prima metà del XVI secolo, fino a chiudere e sbarrare il varco con la sua facciata romanica lavorata in pietra e il suo primitivo presbiterio scavato e ricavato asportando la roccia, quasi a voler porre, come estrema difesa, l’autorità religiosa dalla selva retrostante, dove vivevano incertezza e paura; il “confine”, su cui possono spingersi i pellegrini per chiedere santità, protezione, intercessione e la foresta, regno del maleficio, dell’angoscia, così come era concepita fin dal Medioevo, sconfinata e avvolgente, domicilio delle paure ancestrali, senza difesa, senza quella spiritualità che la potesse “ pettinare” e rendere percorribile. E sembra rivivere così il santuario, in un simbolo, dove si narra lo sgomento e il terrore : ci prova a racconta la storia degli uomini in un “ammonimento”, un frammento di architrave, un bassorilievo in pietra, infisso nella parte esterna del santuario della Madonna d’Appari: il simbolo, inciso sul blocco calcareo, della Trinità, protetta da un cerchio spirituale e fuori una fiera che cerca di entrarvi. “La cosa più antica la diceva mia nonna, Maria D’Aloisi – raccontava Flora Rossi – quando con la duchessa Costanzo andavo al santuario della Madonna d’Appari; a piedi, partivamo dalla villa di Paganica. La duchessa faceva vestire bene mia nonna con un grembiule bellissimo e, dentro, nelle tasche, metteva i ducati. La gente allora faceva la spola alla Madonna, a pregare, era un continuo. Mia nonna doveva vedere le donne, così voleva la duchessa, le più bisognose, e dar loro i ducati lungo il tragitto pieno di persone”. Come adesso, nel ” Martedì di Pasqua “, solenne da queste parti, con il corteo devozionale di statue ( in particolare San Giustino e la Madonna d’Appari ), uomini, donne e confraternite che avanzano e infine sbucano, in una visione soprannaturale(come nelle antiche processioni penitenziali delle contrade del Mezzogiorno), sul rettilineo del sito consacrato alla Madonna D’Appari. “Allora portavano la cancrena al santuario – ci diceva ancora Flora -per esempio una gamba, un braccio in legno e lì si lasciavano appesi, perché la persona che aveva amputato la gamba, comunque, si era salvata, era stata miracolata dalla invocata Madonna d’Appari. Si facevano fare l’ex voto da un falegname e si metteva al santuario, per ricordare. . . Una persona di Paganica fece dipingere un quadro, perché vittima di un incidente aereo: negli anni Cinquanta andò in Venezuela; lui si salvò e sul quadro c’era un aereo che cadeva, e lo donò al santuario”. E la supplica, il voto, si spingeva ancora più avanti, in un punto immateriale di non ritorno, rompeva la consuetudine, scavalcava le forme tradizionali religiose di penitenza quando, scalzi e con i bambini, per una malattia grave, alcuni si recavano “alla Madonna”; anche in ginocchio, raccontano, da Paganica, fino al santuario: dall’ingresso strusciavano distesi sul pavimento fino all’altare, come nei saggi dal sapore antropologico del primo D’Annunzio ( giornalista) e nelle pitture di Francesco Paolo Michetti sulle forme impietose, praticate e primitive, di religiosità popolare che invocavano gli storpi ( così il titolo di un suo quadro) o chi colpito da gravi malattie raggiungeva in pellegrinaggio i luoghi di culto di una cristianità arcaica, primitiva e dirompente. Dentro il santuario, alcuni decenni fa, le pareti erano rivestite degli oggetti della grazia ricevuta: vestiti di bambini, cuori, oggetti della prima e seconda guerra mondiale, protesi, quadri votivi, lettere, vestiario e anche oggetti preziosi in un apparato agghiacciante, visivo, crudele, disumano, di una società altra, imperscrutabile, ma che emergeva, con tutto il suo carico di pietas religiosa. Le compagnie dei pellegrini venivano poi dai paesi limitrofi; i ragazzi coglievano le “zarzole, e il “raffiato della Madonna”, foglioline tenere, germogli di primavera, si mangiavano. “Mia nonna – diceva Flora – aveva conosciuto alla fiera della Madonna Giuseppe Rossi, mio nonno, che allora era il custode della villa del duca Costanzo. Mia nonna Maria veniva da Santo Stefano di Sessanio, a piedi, con la famiglia: portava le vacche. I commercianti alla fiera stringevano parentele, e anche le comparanze, si diceva allora . . .”. “Per la stampa di 1000 manifesti L.21,25 al tipografo Rossi – è scritto in una locandina d’epoca – per manifesti distribuiti nei vari Comuni per la celebrazione della Nuova Fiera di Maria Santissima di Appari nostra speciale protettrice nei giorni di 22 e 24 aprile 1862 in questo Comune di Paganica”, deliberò l’Assise decurionale e, dopo, sicuramente, il Decurionato di Paganica si occupò di Giuseppe e Maria, del loro matrimonio, solenne, come nessuno aveva mai visto…

Le immagini.
Sacra ostensione delle reliquie di San Giustino e dei Santissimi nella chiesa di Santa Maria Assunta a Paganica (anno 2001), il corteo della processione con le reliquie dalla chiesa di San Giustino verso il centro storico di Paganica ( anno 2001), Domenica delle Palme, la processione in onore della Madonna d’Appari.

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