La luce e i riflessi nello specchio d’acqua della “raffota”. L’opificio del fiume Aterno. La fotografia.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La “raffota” è l’invaso o bacino colmo d’acqua sopraelevato rispetto al costruito architettonico del mulino. Ha una sua funzione. Dalla “raffota”, attraverso una condotta obliqua (regolata per la sua apertura da una serranda in legno), l’acqua scivola nell’opificio e nei canali sottostanti. L’acqua, quindi, nei canali in muratura muove il ritrecine e aziona l’asse e le macine in pietra (una fissa e l’altra mobile) alloggiate nel piano superiore, il locale adibito della macinazione delle granaglie: grano, orzo, granturco, farro. La “raffota” così denominata nella Conca aquilana è quindi uno sbarramento artificiale, uno specchio d’acqua scavato (profondo circa tre metri) e armato con pietre a secco e travi nel suo perimetro. Dal fiume Aterno il lungo canale di adduzione termina a ridosso del mulino e quindi della “raffota”. Svuotato dalla terra attraverso il lavoro di scavo il canale permette all’acqua di riunirsi infine nell’invaso dell’opificio. Nelle sue acque si pescavano barbi, gamberi, trote e anguille.