La manualità, e quei gesti antichi senza tempo. La Conca dell’Aquila.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La forma molle viene girata tra le mani. Nelle due superfici si spalma il sale. La distribuzione deve essere uniforme in un ambiente umido che permette l’assorbimento del sale. Poi la pasta torna nella sua forma, la fuscella. L’analoga operazione si ripete il giorno dopo. La salatura è così terminata nel ciclo dell’essiccazione della pasta di formaggio pecorino. Lo scopo, infatti, della fase della salatura, è quello del conferimento del sapore e della sapidità. La modalità del sale tende ad impedire ai micro-organismi di contaminare l’alimento in fase di essiccazione. Migliorare il gusto, generare una crosta intorno alla forma, sono i requisiti che indicano la corretta gestione del formaggio. Le forme dopo qualche giorno sono unte con l’olio extra vergine d’oliva per la conservazione, la stagionatura e per mantenere le caratteristiche aromatiche e organolettiche intense e piccanti. Terminata questa fase, la forma di pecorino, estratta dalla fuscella che la accoglie, viene posizionata questa volta in un luogo asciutto, micro climatico e privo di correnti d’aria per sei mesi a una temperatura compresa dai 8° ai 12°C., il tempo previsto infine per il consumo del formaggio. Le forme sono collocate su tavole di legno e girate per la loro aereazione, capovolte ciclicamente per l’essiccazione e la stagionatura. La grandezza ottimale stimata, il peso del formaggio pecorino, va dal chilo ai due chili in media, per garantire un’ottimale conservazione una volta venduto il prodotto.