La memoria dei borghi del Gran Sasso d’Italia. Il diorama fiabesco…

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Il diorama della cultura popolare nei borghi del Gran Sasso d’Italia ricostruita nei suoi momenti collettivi e sociali, in scala ridotta, ossia plastici di scene in miniatura. Ambientazione scenografiche dettagliate della vita quotidiana ci appaiono come evocazioni fiabesche e racconti tridimensionali, oniriche nella seduzione dei cromatismi, ricerca materiali, plasticità compositiva, toni del colore ed effetti notturni della sera nel lavoro continuo, popolati da un habitat urbanistico di case contadine degli uomini, donne e animali: così doveva presentarsi fino agli anni ’60 del ‘900 nelle contrade e nelle conche intermontane dell’aquilano la società locale. Il diorama nella sua essenzialità crea una sorta di ricerca ricostruttiva estremamente simbolista nei plastici che evocano i contesti familiari e aggregativi dei borghi storici, scuotono la memoria, rimbalzano nelle molte sfumature dei personaggi e nei luoghi dell’abitare. Il tentativo è quello di rendere il più possibile realistica la struttura in miniatura allegorica che deve narrare, raccontare micro – storie, avvenimenti e contesti che sicuramente sono avvenuti nel tempo trascorso. Sullo sfondo la Natività e il Natale della famiglia contadina. Il campo del diorama, e soprattutto del suo autore ed esecutore, è in definitiva l’osservazione minuziosa dei contesti locali: quinte degli edifici contadini, slarghi, gli stipiti delle porte e gli archi in pietra degli usci, i passi cordonati tra le case, loggiati e sottopassi, aie, legnaie, il riuso della pietra negli stipiti con finestre e balconi, le case a schiera, pavimentazione, basolati e selciati, intonaci, tettoie in legno, panni stesi ad sciugare, fabbri con gli utensili da lavoro, abbeveratoi e fontane, vicoli e passaggi stretti tra le quinte delle case, archi in cortina, cortili e aie, le serrature, i tiranti sismici sulle facciate delle case, rimesse agricole e baracche in legno, le finestre strette chiuse da griglie in ferro, porte in legno e chiusure in ferro, alberi e rovi, l’uso dell’aucostruito, conservazione del formaggio nelle cantine, grotte scavate sotto le abitazioni per attrezzi agricoli e animali, stalle e fondaci, mattoni riutilizzati nelle facciate senza più intonaco , gli artigiani del paese, pietre e calce, stipiti in pietra, animali da cortile, i balconi in legno, coperture dei tetti, pastori e contadini, sottopassi per la lavorazione delle carni del maiale, personaggi e abbigliamento, illuminazione dei vicoli e ancora molto altro. La sceneggiatura del diorama prende forma per rappresentare e ricostruire scene di vita naturale, degli animali o dell’uomo, ambienti di lavoro tradizionali scomparsi, contesti di relazioni, scambio e baratto nel vicinato di appartenenza, manufatti agricoli e sistemi e modelli di cultura materiale. Alcune sezioni o ambiti urbanistici di edifici come la casa – torre con la corte, il loggiato, oppure gli ingressi alla casa contadina con la scala in diagonale tenuta dai beccatelli soprattutto nell’ingresso dell’abitazione, presenti nel diorama, sono ascrivibili nei borghi di Carapelle Calvisio, Santo Stefano di Sessanio, Navelli, Civitaretenga, Calascio e molti altri. Il diorama, infine, viene utilizzato per riprodurre scenari reali o immaginari nei quali inserire ogni tipo di soggetto per una lunga narrazione della storia e soprattutto delle storie minori della cultura materiale. Un ricco repertori di oggetti d’uso, utensili contestualizzati, luoghi artigianali al servizio della piccola comunità, restituiscono il valore e l’identità delle comunità locali in funzione della scrupolosa e sostanziale attenzione dell’autore di questi scenari osservati e ricostruttivi, depositi antropici della cultura locale.

Maurizio De Benedictis, autore dei plastici compositivi, diorama. L’Aquila.