di Vincenzo Battista.

Con le ali a geometria variabile hanno attraversato l’Europa, e scampati al fuoco della contraerea, gli stormi, ridotti di numero, finalmente, davanti alla grande portaerei dell’Italia centrale, il lago di Campotosto, una lastra lucente ficcata a 1303 m. tra fiume Aterno, davanti agli occhi stupefatti dei pesci a forma di “Y”, meta finale. Sono atterrati infine, liberando la memoria a “lungo termine” così chiamata dagli etologi che studiano l’avifauna. Informazioni spaziali, il loro richiamo, che crea la rotta agli uccelli migratori, appare incomprensibile, ma che li ha condotti fin qui dopo migliaia di chilometri, salvi. Noi, invece, per ritrovarlo, “l’Ultimo dei Mohicani”, un pescatore, non abbiamo la memoria a “lungo termine”, ma vaghe indicazioni tra la bruma avvolgente che si taglia a fette, alle quattro di mattino, dentro la notte, e quel blu scuro caramellato del lago davanti Mascioni, una frazione di Campotosto, ma alla fine era piegato dentro la sagoma della sua barca di legno: un’immagine caravaggesca. Non sapremo mai se quello scoppiettare del motore della barca possa essere una motozappa, che avrebbe tolto e “trapiantato” a poppa, rischia di fermarsi da un momento all’altro. Lasciamo la baia, noi scivoliamo verso l’ignoto delle acque scure, ma non lui, il pescatore al timone, che chiama ancora i luoghi del lago con il nome delle terre a quaranta metri di profondità sotto i nostri piedi, prima che l’invaso artificiale ricoprisse i pascoli nel 1940, con trecentoventi milioni di metri cubi di acqua: sì, anche lui, ha la memoria a “lungo termine”.“Mattonegliera” ripete, un luogo” immateriale”, lì siamo diretti, ma che invece abita nella profondità del lago dove, nel 1924, nella pianura di Campotosto, a “Mattonegliera”, giunsero i macchinari per l’estrazione della torba: combustibile fossile ridotto a forma di mattoni per il riscaldamento, pensato come un miracolo economico del fascismo, ma non se ne fece nulla. La barca si ferma, siamo alle prime luci dell’alba, spegne il motore in prossimità di una boa, e lentamente il pescatore ritira la rete con dentro i coregoni. Anche i miti risalgono, della “pianura”, i miti, “ Lu lupe” così chiamato, portaferiti della prima guerra mondiale: sfasciò i binari del cantiere della torba perché occupava i pascoli, i carabinieri lo arrestarono; curava gli animali e le persone con le erbe medicinali, lo arrestarono; aprì un ufficio postale, arrestato, ma poi, la sommossa popolare per liberarlo, il paladino, in una storia leggendaria, epica, alla maniera della Chanson de Roland, che racconteremo.

Computer grafica di Duilio Chilante

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