Oggi ad Arischia.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La piazza che aspetta. Il 9 maggio 1922, nove mesi dalla nascita di Giuseppe Capannolo, gli raccontava poi il nonno che il bosco del Chiarino fu “acquistato” (deliberò l’allora Consiglio comunale di Arischia) dal marchese Cappelli, proprietario dell’intera area geografica. Il nonno di Capannolo, Giuseppe, “rappresentante della popolazione” firmò le iniziali clausole di acquisto della montagna e del bosco di circa 1800 ettari, girava per le case del paese, per liberare – diceva – dalla schiavitù l’intera popolazione dal “pascolo e dal legno che appartenevano ai nativi”. Il nonno gli diceva “adesso siamo ricchi!”: gli arischiesi si erano finalmente emendati dal tallone dei Cappelli. “Il Quarto Stato”, emblematico dipinto di Giuseppe Pelizza da Volpedo delle lotte contadine e sociali del Novecento, che rappresenta un corteo con in testa un anziano, un giovane e una donna con il bambino in braccio, altro non è che la plastica rappresentazione delle stesse lotte sociali ad Arischia, quando una donna che si batteva per il bosco del Chiarino, in un corteo, fu fermata dai Carabinieri ignorando, questi, che sotto la lunga gonna portava un fucile per i patrioti del Chiarino, disposti a tutto per i loro diritti. Sembra la trama di un film. La piazza che aspetta è, adesso, Giuseppe Capannolo pastore – patriarca del Chiarino e con i suoi cento anni, oggi, Arischia lo “saluterà”, davanti alla chiesa, ma non sfileranno le statue dei santi, ma ci sarà lui, un’autorità laica, appunto Giuseppe, e la sua lunga narrazione in un incontro con la popolazione locale per rendergli omaggio, e come nel film “Novecento” di Bernardo Bertolucci, il nastro con le tante immagini verrà riavvolto con dentro quel volto sereno di Giuseppe che sorride…