Fotografia Vincenzo Battista.

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Amalfi, con ogni probabilità la più antica tra le quattro Repubbliche marinare, sviluppò intensi scambi commerciali con l’Impero Bizantino e l’Egitto. I mercanti amalfitani riuscirono a togliere il monopolio dei commerci nel Mediterraneo agli Arabi, fondando nel X secolo delle basi mercantili nell’Italia meridionale e in Medio Oriente. Tra le maggiori testimonianze della sua grandezza, vi furono le tavole Amalfitane, un codice che raccoglieva norme di diritto marittimo che restò attuale per tutta la durata del Medioevo. Amalfi, che era stata la massima potenza marinara, venne saccheggiata dai pisani nel 1137 durante un periodo di grande indebolimento dovuto a disastrose inondazioni e dalla recente annessione al Regno normanno, a seguito della quale la città iniziò una rapida decadenza ed il suo ruolo venne progressivamente assunto da Napoli. Amalfi, antica Repubblica marinara.

Repubbliche marinare sono quelle città costiere italiane che tra il X e il XIII secolo prosperarono grazie alla propria intraprendenza commerciale e alla loro ampia autonomia politica. Questo termine è riferito principalmente a quelle che furono le più potenti di queste città: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Per il controllo dei commerci con l’Asia e l’Africa, Genova, Venezia, Pisa e Amalfi, entrarono in competizione con le due potenze che fino ad allora avevano avuto il monopolio dei traffici mediterranei: l’Impero Bizantino e gli Arabi.

Amalfi fu la più antica tra le quattro Repubbliche marinare.

Il toponimo “Amalfi” deriva sicuramente dal latino: esso, secondo la saga di origine principale, deriverebbe da Melfi, un villaggio marittimo lucano, oppure potrebbe corrispondere al cognome di una gens romana del I secolo d.C. (Amarfia).
A seguito delle incursioni germaniche del V secolo d.C. molti profughi romani delle città campane ormai preda delle orde barbariche si rifugiarono sui Monti Lattari e, dopo breve tempo, popolarono il piccolo villaggio di Amalfi, trasformandolo in una città, che era già sede vescovile nell’anno 596.

Amalfi e il territorio della Costiera appartennero, sino alla prima parte del IX secolo, al ducato romanico-bizantino di Napoli, dal quale si staccarono definitivamente nel Settembre dell’839, dando luogo ad una repubblica autonoma. Questa repubblica, costituitasi per meglio difendere i commerci marittimi di Amalfi dagli attacchi dei Longobardi di Benevento, fu governata dapprima dai Conti, poi dai Prefetti ed infine dai Duchi, trasformandola in una sorta di monarchia ducale.

Amalfi sviluppò intensi scambi commerciali con l’Impero Bizantino e l’Egitto e riuscì a togliere il monopolio dei commerci nel Mediterraneo agli Arabi, fondando nel X secolo delle basi mercantili nell’Italia meridionale e in Medio Oriente.

Il commercio di Amalfi medievale si sviluppava tra l’Italia, l’Africa settentrionale araba e l’Impero di Bisanzio, secondo un ordine ciclico caratterizzato da 3 fasi. In una prima fase, le navi salpavano dal porto di Amalfi cariche di legname per raggiungere i centri arabi della costa africana, dove la legna veniva venduta in cambio di oro. Con l’oro guadagnato, i mercanti amalfitani, recatisi a Bisanzio, acquistavano spezie, pietre ed oggetti preziosi, stoffe pregiate, che in una terza fase venivano rivendute in Italia.

Padroni del mare e del Mediterraneo, gli amalfitani si dotarono del primo codice della navigazione d’Italia, le cosiddette Tavole Amalfitane.  Queste norme di diritto marittimo, realizzate per regolamentare i traffici che le navi e i rispettivi equipaggi dovevano tenere in mare,disciplinavano i rapporti tra i proprietari delle navi, i marinai e i mercanti.   Le Tavole erano composte da 66 articoli e la loro importanza fu tale che rimasero in vigore nell’area del Mediterraneo fino al XVI secolo d.C.. Una copia delle tavole è esposta oggi nel Museo civico di Amalfi.

La grandezza di Amalfi come capitale del commercio marittimo era legata soprattutto all’affidabilità dei traffici in mare e quindi alla certezza delle rotte. E’ proprio per questo motivo che la tradizione attribuisce l’invenzione della bussola, strumento di orientamento per eccellenza, all’amalfitano Flavio Gioia, anche se tale strumento sembrerebbe essere stato scoperto in Cina nel terzo millennio avanti Cristo.  L’omaggio a Flavio Gioia, navigatore e presunto inventore della bussola,trova in ogni caso la sua concreta realizzazione in una statua posta nell’omonima piazza ad Amalfi.

Dominatrice del commercio per mare, Amalfi coniò nel 11° secolo il soldo d’oro, il tarì d’oro e il tarì d’argento, simili per fattezza più alle monete arabe che a quelle bizantine.

Il declino di Amalfi come massima potenza marinara iniziò senza dubbio con l’annessione della città al Regno normanno ma furono soprattutto alcune devastanti inondazioni che distrussero intere flotte di navi, i porti e gli approdi naturali e che mutarono in alcuni casi addirittura la morfologia del territorio, a mettere definitivamente in ginocchio la città. Saccheggiata nel 1137 dai pisani il centro del commercio marittimo si spostò progressivamente a Napoli.