La pupa dolce di Pasqua.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

I pani mangiati il giorno di Pasqua rendevano gli stessi giovani immuni dalle malattie, dal malocchio, attraverso i dolci pasquali, appunto, siglati con le iniziali in rilievo dei giovani: messaggio mirato, personale, sigillo, nella simultaneità con la Pasqua, simbolo come sappiamo di Resurrezione, ma anche rinascita della natura, buon auspicio per la nuova stagione agricola nelle culture agro-pastorali un tempo.

Fecondità, quindi, le pupe di pane dolce, transfert ( trasferimento su una persona soggetta ad un conflitto) con l’uccellino modellato sopra il dolce, simbolo sessuale, di un’unione, per augurare fertilità, oppure l’uovo nel ventre della stessa pupa: magie, sortilegi scongiurati, quindi, di culture locali comprovanti una matrice organica e solidale di un certo modello culturale ormai quasi del tutto disperso, effimere forme cotte al forno o sotto la brace del camino, interpreti di storie e processi mitici di un lontano “passaggio” nella storia e nel tempo, organizzato con la saga ( racconto epico leggendario) della Pasqua di tanti e tanti “idoli” da mangiare, una sorta di talismani, divinità altre, vissute ed allevate, però, nel grembo e nella pratica della religione cristiana: le pupe di pane dolce augurali.