“La Rocca”, invocata e resa solo pietra su pietra…

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

“La Rocca”, così chiamata su quell’altura, spogliata dalle pietre di concio, tolte e trasportate insieme dal villaggio guarnigione della Rocca di Calascio, insediamento di avvistamento e difensivo nell’occorrenza, del XII secolo, fortificata e cintata da una cortina muraria e alla sommità la torre difensiva quadrangolare. Con le slitte in legno cariche di pietre finemente squadrate e asportate dalle fortificazioni murarie, i contadini per decenni hanno trasportato i preziosi manufatti lavorati con lo scalpello per le proprie abitazioni (gradini d’ingresso, archi e stipiti delle porte e finestre, vasche per la raccolta dell’acqua, camini, pavimenti), così riutilizzati, nel borgo sottostante di Rocca Calascio. La slitta con assi di legno, trainata a mano, con lunghe corde avvolte alle spalle e fibbie di pelle ovina cintavano la fronte degli uomini che svolgevano appunto questo lavoro, nel trascinamento del suo manufatto di carico dentro un terreno impervio, a tratti roccioso, del declivio, altitudine di 1520 metri, lì dove e posizionata la struttura urbanistica militare e intorno il borgo decrescente appoggiato sulle curve di livello orografiche. Così la Rocca, invocata dalla comunità locale, una sorta di deposito di pietre a vista, una cava, da cui prelevare per il proprio fabbisogno abitativo della casa rurale con una tipologia a torre e non solo, ma anche per segnare il paesaggio agrario in quota con i termini dei confini: i conci che delimitano le proprietà agrarie dei terreni.