La trascendenza della montagna.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Nel contesto geografico del Gran Sasso la vita del pastore e quella dell’anacoreta, nella visione trascendentale, trovarono completamento in uno scambio tra la cultura spirituale dell’uno e il soccorso materiale dell’altro.

Da una parte insegnamento religioso, preghiere comunitarie contro i pericoli delle valanghe, caduta di massi o di ferocia di lupi e orsi, dall’altra la carità di una temporanea accoglienza nel ricovero fatto di frasche, pietre e toppe erbose. Tali contatti, con le comunità locali, avvenivano negli stazzi col singolo pastore durante il pascolo nomade di ciascuna “morra”.

San Franco rimane fino alla fine nella pura condizione anacoretica. In mancanza di una spelonca naturale, scava con le proprie mani una grotta nella roccia viva, aiutato talora da qualche pastore.

L’eremita sceglie un territorio montano popolato da agricoltori e pastori in prossimità di agglomerati rurali e urbani in cui la povertà dei contadini, la lotta fra le fazioni politiche, la sopraffazione dei potenti e persino la crisi delle istituzioni religiose, sono segni distintivi: segni d’altra parte di un secolo in cui la solitudine del mondo oppresso e senza ideali, l’asceta offriva l’esempio nella presenza e nella testimonianza della fede; ad una società schiava dell’ambizione, dell’egoismo e della ricchezza, offriva un modello di rinuncia estrema per la vera ricchezza dello spirito.

La vita e i miracoli di San Franco: “E più a proposito, per non vi era acqua, sì che il Santo facendo orazione a Dio, fu sì accetta, e grata, e quel liquore fu di tal virtù dotato per intercessione del Santo che non solo in quei tempi ma anco poi con gran moltitudine di persone con quello lavandosi furno, e la presente anco sono da varie, e diverse infermità sanate…”.

Leggende, tradizioni che sono il punto di forza dell’esaltazione della letteratura popolare su San Franco, protagonista in definitiva di quella scacchiera geografica che vede altri interpreti della “vita solitaria” come il Beato Placido di Fossa e il Beato Bonanno di “Spedino”, nell’aquilano, nella Conca Peligna e nella Marsica, altri luoghi e siti della memoria che si aprono al prezioso “racconto” della montagna e dei suoi miti. La montagna quindi, nella provincia dell’Aquila, può diventare una sorta di Word Heritage Convention dell’Unesco: dal 1972 infatti ha istituito un albo d’oro del patrimonio mondiale dell’Umanità sui luoghi culturali e naturali di “eccezionale valore universale”.