L’Aquila e il legame con gli affreschi dell’eremo di San Onofrio. Leggere l’opera d’arte, il luogo dove visse Celestino V.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

L’eremo di Sant’Onofrio al Morrone costruito sulle cavità, le grotte a 620 metri dove visse l’eremita Pietro da Morrone. Monumento nazionale dal 1902, posto sulla parete del massiccio. Lì, la memoria di Pietro Angelerio, il frate eremita che divenne papa nel 1294 con il nome di Celestino V.

“Magister Gentilis pictor” pittore bizantino, contemporaneo di Pietro da Morrone forse di Sulmona, realizza gli affreschi che raffigurano il Crocifisso con ai lati Maria (incrocia le mani nell’atto di manifestare il suo dolore) e San Giovanni (porta la mano destra sul suo volto che ripiega, in un tenero atteggiamento sconsolato. Lo troveremo così anche nella pittura colta del Medioevo e inizio Rinascimento) con i visi tondeggianti, le gote evidenziate cromaticamente e i grandi occhi. I corpi sono leggermente inchinati davanti alla crocifissione. Poi la plastica gestualità nelle pose che richiamano le miniature medioevali, e nei gesti di grande naturalismo espressivo per l’epoca. Il corpo di Cristo flette, si curva nelle ginocchia riunite, inizia una flessione a “S”, la sua testa si poggia sulla spalla, le braccia scendono lentamente, e i lunghi capelli a ciocche si riuniscono così, evidenziati, cadenti sulle spalle. La pittura ci parla della morte sulla croce, adesso. Ancora sui bracci della croce due angeli in contrasto simbolico tra loro: uno che regge una corona di spine, l’altro una corona radiata.

Nella lunetta sovrastante, l’opera in affresco è dipinta con una raffigurazione della Vergine con Bambino in trono su di un fondo lapislazzuli: Il Bambino straordinariamente evocativo accarezza la madre con la mano destra, mentre con la sinistra mantiene nella mano le sacre scritture in un rotolo. Ai lati il sole e la luna, il giorno e la notte: la “protezione”, elemento fortemente allegorico della quotidianità che non teme le tenebre. Ai lati San Benedetto (abbigliato con un manto rosso con un libro chiuso in mano), San Mauro e Sant’Antonio (con tunica gialla e mantello rosso). La volta a botte è dipinta con il raro e prezioso lapislazzuli con stelle a otto punte.

Sulle pareti laterali e in una nicchia, sempre la pittura religiosa evocativa probabilmente datata intorno XIV secolo, rappresenta ancora la crocifissione e i santi. Emerge nella parete la figura di Pietro Celestino nelle vesti di pontefice. Il santo con l’aureola indossa una tiara delicatamente ricamata di fili gialli, veste con cappuccio riversato sul mantello bianco, e sorregge un lembo del mantello con la mano destra, mentre è con la sinistra che indossa un guanto tiene l’enigmatica palma del martirio che mostra. All’interno della chiesa, sulla parete sinistra, frammenti di affreschi del XV secolo: Cristo Re e San Giovanni Battista, e successive pitture che rappresentano una Madonna con Bambino e Santa Lucia e Santa Apollonia.