L’Aquila. I lupi sulla scena del crimine.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Più indizi , ancora di più sulla scena del crimine, circostanze e rilevazioni che si trasformano in certezza davanti al corpo del reato, e non bisogna tuttavia raccogliere ulteriori prove ( queste non sono state distrutte) nel perimetro dell’azione del delitto commesso poiché, quando arriviamo, nulla è stato contaminato in questo luogo, come fosse accaduto un momento prima, è lì che si può fare un ragionamento deduttivo, seguendo le orme ( tracce serrate al suolo che però ci raccontano come tutto sia avvenuto) : gli indizi in definitiva, e non ultimo l’esposizione agli agenti atmosferici sull’enorme coltre di neve –  certo che questi si possono esaminare – ma la conoscenza e la ricostruzione dettagliata non tarderà ad arrivare, sulla consumazione della natura del delitto… Ma adesso “ parcheggiamo” questo file, lo riprenderemo dopo. E se nella scuola materna di Camarda e Paganica i lupi sono stati prima disegnati, poi ritagliati dai bambini e infine incollati sui cartelloni; e ad Assergi  il lupo restituisce, nella predella dipinta della chiesa di Santa Maria Assunta, all’eremita del XIII secolo San Franco di Assergi ( per sua intercessione), il neonato rapito alla famiglia dei boscaioli nella selva di Pizzo Cefalone per ristabilire, soprattutto, infine, proviamo ad usare un eufemismo, il Pil economico dell’antico Castello di Assergi, dopo la fuga collettiva dai luoghi del lavoro dei coloni terrorizzati. Quel lupo è entrato nell’annuario del bestiario medioevale del borgo (non sappiamo cosa si siano detti San Franco e la fiera, ma conosciamo viceversa il dialogo tra San Francesco e il lupo di Gubbio). Ma qui, dove ci troviamo, sulla scena del crimine, lungo i tornanti per la strada del Vasto – Capannelle, i lupi grigi, “provenienti” dal Pleistocene medio 500.000 – 300.000 anni fa, sono tornati nell’azienda di Colle Pantano, dagli allevatori della famiglia Spagnoli. Riapriamo il file. I lupi hanno prima circondato la mucca sulla scena del delitto, le impronte sulla neve si mescolano, si inseguono tra loro, sembra di poter ricostruire quanto avvenuto: l’attacco furioso del serial killer in formazione: prima ha avvinghiato l’enorme bovino con la possanza del corpo lo ha strattonato, altri di guardia nel perimetro per le vie di fuga della caccia cooperativa, un branco, forse, ristretto, ognuno con un compito e l’enorme coltre di neve viene addirittura alzata e scopre il suolo ( il lupi hanno dei plantari alle estremità delle zampe, cuscinetti al di sopra del punto di congelamento), si sono avventati sull’animale, con il loro peso e le zampe e i muscoli robusti e il collo solido: l’attacco quindi ai fianchi dell’animale da predare, preso ai quarti posteriori, finché la mucca non è stramazzata ( un danno economico stimato in 1200 – 1400 euro) al suolo nel picco d’attacco, divorata infine da quei canini più lunghi di quelli del cane e dagli incisivi nella masticazione tagliente e famelica. La specie bovina non si difende, la via di fuga è l’unica uscita da quell’inferno di neve e nebbia: così è stato per gli altri capi. Sono scesi giù a valle mucche e cavalli terrorizzati, fino alla base dei piloni del cavalcavia dell’autostrada che sovrasta l’abitato di Assergi. Il lupo. Senza emozioni, sa di far bene il suo lavoro a cui è stato chiamato, mette le zampe posteriori su quelle anteriori, visione notturna, l’olfatto cento volte superiore all’uomo, e occhi gialli luccicanti che sbucano nella notte della predazione se vengono illuminati. I lupi non hanno vincoli di tempo o spaziali, si muovono con i loro percettori che non dormono mai. Sì, il termine e la parola che continuano a ripetere Renato e Francesco, allevatori dell’azienda Pantano è tribolazione, continua tribolazione, per andare a riprendere all’imbocco della valle del Vasto (cavalcavia autostrada, zona “La Vicenna”,“la svolta”) le mandrie di cavalli e mucche e riportarle all’azienda tra lo strato delle neve che si ammassa, i cespugli, la vegetazione e il bosco, proteggerle e guidarle tra la nebbia che annulla il paesaggio, la strada poi che non viene aperta ma che conduce alla loro azienda : devono provvedere loro. Viceversa è aperta la strada, parallela – dicono – che dalla chiesa rupestre di San Clemente porta al villaggio di San Pietro, il pericolo poi di slavine sempre in agguato dai canaloni nel versante occidentale di Pizzo Camarda. Tribolazione. “… Dove la cultura dé pascoli fa ricco il padre di famiglia senza tribolare persona…”, scrive Marco Tullio Cicerone (106 a.C. – 43 a.C.) in una delle sue orazioni politiche sugli scritti di filosofia e retorica, citando appunto la tribolazione e l’allevamento ma che adesso con l’innevamento, rilevante, fino alle periferie dell’Aquila, è preda del diavolo – lupo che prova odio per la specie umana e si aggira tra i fedeli per prenderne le anime e lui, il lupo, tanto, che non gira la testa all’indietro a meno che di girare tutto il corpo, si ciba di prede e di vento, cammina controvento per non essere braccato: questo è suo discrimine satanico secondo la tradizione popolare locale che non smetterà mai di raccontarlo, almeno da queste parti…