L’Aquila. Il sortilegio che vuole entrare… e poi venga la fiaba. Incipit.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

La croce è incisa sulla pietra, nei conci lavorati lungo uno dei piedritti della porta (stipite), nel suo disegno “ramificato” e lo capiremo, oltre l’allegoria semantica e simbolica di ispirazione del periodo romanico, quasi allungasse e dinamicamente si muovesse, la croce, forse in una sorta di tentacoli che cercano…, simbolo – altro questa croce, criptica, sospesa nel tempo, presidio, forma inconsueta e univoca che si ramifica con i suoi segni scalpellati nel masso del calcare, curati, voluti così: un indizio arcano e, sotto, un altro elemento di pietra cilindrico, circolare, per sedere, attendere… La croce si presenta con le braccia in brevi segmenti che escono dagli assi, quasi a invocare, proteggere poi, ostacolare infine, e lo vedremo, su una dimensione metafisica in agguato, lì, da qualche parte… Ostacolare qualcosa, poiché è diaframma tra il bene e il male, posta all’ingresso dell’opificio, si racconta e racconta inestricabili vicende che vivono e si tramandano nel suo simbolo di protezione, ma che appartengono, diffuse, alla valle dell’Aterno e alle radici cristiane delle comunità locali. Ma va oltre, in un destino esoterico, magico – religioso e qui è protagonista, a sua insaputa, lo controlla però e ne resta vigile, a guardia della magia dell’occulto, sempre in agguato ( nelle notti silenti, gli spiriti femminili irrompono per la prima volta nel XII secolo – strigae ( strega) la cui origine è in Diana, la dea del volo notturno. La Chiesa interviene per reprimere, individua le “persone malefiche intrise di spiriti maligni”, pone rimedio con i tribunali d’Inquisizione, la tortura e infine il rogo). L’uscio, appunto, a cui è accanto la croce, è tutto qui nella sua dinamica, la metamorfosi,oggi potremmo dire, quasi di un software: processore dal passaggio mutevole che inizia a girare, componente dell’attraversamento materiale in un elaboratore di informazioni sociali, barriera l’uscio da resettare, tra l’esterno reso nel caos e nel disordine e il luogo franco: l’interno, da tutelare. L’uscio è quindi la soglia invalicabile, è segmento dove tutto a partire da lì non è più consentito, negoziabile. Le forze occulte e i presagi si arrestano ( la strige nelle leggende dell’antica Roma, uccello notturno di cattivo auspicio che si nutriva di sangue e carne umana), i cupi sentimenti e il terrore che emanano trovano nella croce e nell’uscio il baricentro della cosmologia per ripiegare il loro baluardo di resa di queste forze negative che spingono i destini. Infatti, spegne la cabala delle congiure che ordiscono per entrare oltre l’uscio, con le sue braccia caposaldo delle attese, ultimo “ostacolo” di questo simbolo universale prima che l’odio entri e saccheggi con suo terrore radicato, tetro e impenetrabile il luogo certo e tutelato, lo spazio interno sociale, la casa emblema della narrazione e delle consuetudini, ricovero indissolubile con il suo lascito sancito e scolpito nella pietra all’ingresso, il logos senza tempo questa ultima certezza ma che abita e ha posto il suo domicilio, si rinnova nel tempo, oltre la soglia dell’uscio la croce celebra infine la speranza, come vedremo, della comunità…

Incipit. La fiaba che cambiò i destini. La Conca aquilana. (Fiaba creata da V. B.)

È allora sì, il perfido vento cambiò repentinamente direzione, si trasformò in un essere, se così si può dire, dalle sembianze mai viste da queste parti. Una creatura misteriosa, cresciuta nell’orrore e nella ferocia, si aggirava intorno alla casa – mulino e grattava le pareti, e scavava la terra con i lunghi artigli, ma si teneva ben distante, inizialmente, dalla croce scolpita sulla pietra dello stipite. Quella creatura dannata cercava un varco per entrare e impadronirsi della casa con il suo fragore assordante, mentre minacciava, emetteva versi stridenti terrificanti soffocati infine, diabolici, nelle ore notturne. Essere arcaico e immondo di un esemplare creato dalla malvagità, dai peggiori incubi con gli occhi di fuoco la bestia alata vomita il suo stesso orrore, nella furia vuole ghermire le persone e smembrarle, oppure farle soggiacere al suo editto della luna nera che si specchia nel fiume Aterno e renderli così schiavi. Si accompagna con parole incomprensibili, si vuole imporre per poi scomparire dentro tetre caverne e dileguarsi ai primi raggi di sole dell’alba antica nella Conca aquilana. Una possessione diabolica, a cui andavano incontro, si erano detti, i due anziani del mulino; forse una strega mutuante – vista di sfuggita, mentre vagava lì intorno, da dietro i vetri appannati della stanza occupata dagli anziani – con il volto di rapace e dagli enormi poteri, ha trasformato le sue identità, la sua sembianze che riconobbero nei tratti di una donna anziana che lavorava l’uncinetto in una casa lungo il fiume Aterno. Così si erano detti la famiglia dei mugnai. Ma loro, comunque, una protezione, l’ultima, a cui aggrapparsi, l’avevano presa e lì erano riposte le ultime speranze: una semplice coppia di pannocchie essiccate appese sulla trave di castagno che muove le macine in pietra del mulino e sotto la cassa che raccoglie la farina di granturco. Quello era il luogo. La strega, se entrava, mossa da una forza soprannaturale, doveva però piegare il suo volere, declinarlo, il suo scopo rapace veniva attratto come una calamita dai semplici chicchi di granturco. E nulla poteva fare. Le sue forze sataniche scendevano, si annullavano, diventava mansueta e doveva, suo malgrado, seguire un misterioso flusso benefico sprigionato nella stanza di colore turchino fino alle pannocchie, contare i chicchi uno per uno, ma il tempo intanto sarebbe trascorso e l’alba avrebbe poi fatto il resto: la strega si sarebbe sciolta sul pavimento del mulino nell’incantesimo dei primi fasci di luce della finestra e del giorno imminente. E i due coniugi salvi. Ma quando nulla ha più potuto la croce scolpita sull’uscio, e la porta a notte fonda si è spalancata con un enorme fragore e una forza demoniaca portandosi dietro la bufera di neve, con grande sgomento dei due anziani, e la sagoma della strega dagli occhi di brace è apparsa circondata dai fumi e vapori con la grande veste nere sbattuta dal vento gelido e dal nevischio… ma nulla ha più potuto… nulla ha più potuto, ma accadde, sì, l’inconcepibile, l’inverosimile che ancora oggi si tramanda tra i borghi e la valli aquilane, e quando tutto sembrava precipitare, allora, sì…