L’ Aquila, la sua visione. Quell’Enea che sorregge il padre e quella lezione di Storia dell’arte molto, molto vicina a noi.

Testo e fotografia Vincenzo Battista.

Enea ha il padre Anchise sulle spalle e il giovane figlio Ascanio che si aggrappa alle sue vesti e lo segue: gruppo scultoreo di Lorenzo Bernini, eseguito tra il 1618 e 1619, esposto nella Sala del Gladiatore della Galleria Borghese di Roma. Gli sguardi, i loro corpi, il marmo scolpito da una cultura barocca ( per come la conosciamo, un Bernini, innovatore, ma che va oltre il suo tempo) che raggiunge il valore pedagogico apicale scavalcando l’Ellenismo, Michelangelo, per viaggiare, viceversa, immergersi nella materia ( il marmo ) che compie un balzo, narrativo e dinamico in un realismo come non mai: il corpo anziano di Anchise sulle sue spalle, la pelle cadente e le pieghe del corpo in età avanzata del genitore con le labbra serrate dal dolore che prova, le gambe magre che Enea tiene delicatamente, senza comprimerle, le avvolge teneramente, mentre continua a sostenerlo. Qui, la scultura, il suo metalinguaggio, è all’apice della comunicazione visiva. La materia, il marmo è “cosa viva…”. La pietas verso il genitore non è stata mai così fondativa.

Il dialogo tra Anchise e il padre, poi, narrato da un Virgilio che, nell’Eneide, appunto, sembra scrivere un report contemporaneo, un resoconto avvincente, una denuncia anche su chi vuole girare la testa dall’altra parte ma viceversa non abbandona il genitore, in una citta di Troia (sempre Virgilio), in fiamme, presa e falcidiata dalle milizie dei greci, famelici dopo l’assedio. Il dialogo narrato da Virgilio: Anchise insiste, vuole rimanere a Troia e andare incontro al suo destino, comprende lo sforzo che deve fare il figlio nel portarlo con sé nella fuga dalla città caduta, parlano i due ma poi si mettono in viaggio… L’Aquila, il liceo “Cotugno” dell’Aquila, una classe quinta, i ragazzi, la lezione di Storia dell’arte in classe che sposta in un altro tempo, il loro, questo tempo, del coronavirus, la lezione che diviene metafora: quanti Anchise anziani nonni nelle case dei ragazzi con i genitori, mi raccontano; quanti  Ascanio giovani fratelli nelle loro case con i genitori. La tutela, la protezione e  le parole dei ragazzi del liceo, la loro narrazione nelle fragilità della quotidianità e nelle speranze , e mi piace pensare, tanti Enea i ragazzi del liceo “ Cotugno” in un disastro e nelle “fiamme”, ma lui, Enea, lo sappiamo, ha la meta, il fine, lo vede e lo percepisce, come i ragazzi del liceo Cotugno appunto, in quella “lezione” certo da incorniciare, ma che va oltre, ben oltre supera i confini della scuola: gli studenti, di cui conosciamo sempre poco, ma che non smetteremo mai di raccontare.