L’Aquila, Patrimonio della Città – Territorio.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

” So bene che certi abruzzesi di altre città – scrive Ignazio Silone – rimproverano appunto agli aquilani l’orgoglio; ma, con i tempi che corrono, lo si può considerare un difetto? Comunque, dev’essere, ripeto, una disposizione atavica, se gli spagnoli vi eressero un munitissimo castello, non per difendere la città, ma per intimidirla, come dichiarava una lapide ora sparita:” ad reprimendam audaciam aquilanorum”. Dal Castello cinquecentesco, da lì ripartiamo, dall’ “effetto” Silone per ripercorrere a ritroso, nel tempo delle corti e delle sedi episcopali, quei tratteggi “atavici” delle genti della città – territorio di Aquila, in quell’itinerario dell’orgoglio, alla scoperta della cultura figurativa nelle terre dell’antico contado sigillo e metamorfosi di artisti e committenti, di sapienti trame quotidiane che hanno dato corso tra il XIII e il XV secolo alla più cospicua produzione di preziose pitture su tavola, sculture, manoscritti miniati, splendidi ricami, oreficerie, lacche e dorature, fino alla perizia degli artigiani intagliatori e cesellatori. La vita delle forme, cursense e monastiche, di Madonne, Cristi e santi agli albori medioevali, prese quindi qui possesso, tra le plaghe montuose e le valli dei castelli e dei villaggi dell’aquilano per diventare strumento di sviluppo, bene culturale: la nuova comunicazione che legittima l’elemento immaginario del sacralità religiosa resa icona fino ad imporsi, dettare il dominio nei percorsi devozionali, nelle stazioni di culto, per poi esercitare un’ influenza sulla politica di gestione del territorio nella fitta rete di castelli, fortificazioni, strutture monastiche, chiese. Intorno a quell’uomo medioevale, ossessionato dal peccato e dal diavolo, minacciato dalle sue stesse paure, irrompe nella sua vita quotidiana le “apparizioni” profetiche del Maestro del Crocifisso d’argento con le Storie di Santa Caterina, (coppia di sportelli di tabernacolo dipinto a tempera su tavola); lo scultore umbro – marchigiano che della seconda metà del XIII secolo invece realizza una scultura policroma per la chiesa di S. Maria di Picenze, presso Barisciano; oppure la Madonna del Latte proveniente da S. Maria un Pantanis di Montereale, insieme alla Madonna con il Bambino, scultura in legno, proveniente quest’ultima da S. Maria in Fontepianura di Scoppito, e a quella poi di S. Pio Fontecchio detta “di Ambro”( Chiesa di Santa Maria a Grajano), illuminano i crocevia del paesaggio diffuso dei Genius loci: l’orgoglio…