Il lavoro nei rifugi temporanei d’altura.

Area piano di Rotigliano, Colle Alto. Gran Sasso d’Italia.

Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

Le case sparse (denominate casette) sfruttando la pendenza del terreno, sono state realizzate in muratura e con una copertura ad una falda (in questa tipologia) in legno e coppi. L’edificio, costruito con pietre asportate dai terreni unite da calce e malta, favoriva l’integrazione dell’economia agricola e quella pastorale nelle distese coltive e di attraversamento delle mandrie ancora presenti nella zona tra l’alta valle del Vasto e le pendici di monte San Franco. Nella casa rurale il perimetro esterno, in pietra a secco, veniva utilizzato per il ricovero e la protezione del gregge. Ubicato su un declivio e formato da due piani, con la costruzione di un solaio in legno, la struttura rispondeva a motivazioni di uso e gestione dello spazio interno: alloggio dei pastori al piano sopraelevato e conservazione del formaggio appena lavoravo, ricovero e stalla per gli agnelli al pian terreno insieme agli attrezzi di lavoro per i terreni da coltivare. L’esterno, invece, nello spazio a ridosso dell’ingresso del ricovero dei pastori, veniva utilizzato per scaldare il formaggio, portarlo a temperatura e infine manipolarlo e dare forma all’impasto nei contenitori di faggio. La finestra centrale della facciata, con i fori di aereazione, permetteva di controllare il gregge che stazionava nel recinto. La stessa finestra (vedi fotografia), all’interno delle casa rurale, utilizzava le suole delle scarpe come cerniera: chiodate, queste, permettevano la funzione di apertura della finestra adattata con tavole di legno (quercia) e ancorata ai travetti (cornice) e con l’architrave incassato tra il tetto e la parete di pietre.