Testo e fotografia di  Vincenzo Battista.

“Anche a Natale si contavano le nove stelle, per dodici sere…”. Giuseppina Signora, classe 1926, insegnate di scuola elementare dal 1955 al 1991. Noi,  non ne conosciamo il numero, ma sicuramente tante sono state le fiabe e le leggende di Natale che lei ha raccontato ai bambini, magari sullo sfondo del paesaggio e dei borghi, presepi di Petrella Liri e Balsorano incastonati nella Valle Roveto dove ha insegnato, per poi trasferirle a Paganica di MonterealeAringo, nell’Alto Aterno: altri paesaggi, lontani, invalicabili in apparenza, ma non per il viaggio leggero delle fiabe, anche disegnate, illustrate, appese sui muri delle aule, per non dimenticare; un modo forse per ancorarle ancora di più alla cultura della storia popolare, del territorio, alle sue gesta, ai suoi miti senza tempo, soprattutto di Natale.

“ Poi alla dodicesima sera andavi a dormire e sognavi chi dovevi sposare, come doveva essere. E’ accaduto anche a me – continua così Giuseppina nella sua casa di Pagliare di Sassa, una frazione della città capoluogo – Un uomo bussò alla porta della scuola elementare, lo vidi, era quello, era lui, diventò mio marito”.

Poi inizia la narrazione delle tre fiabe, lo sottolinea, da raccontare ai bambini. . .

Era la notte di Natale. In tutte le case si festeggiava la nascita di Gesù, ma un ragazzo che lavorava lontano da casa sentiva la nostalgia nel cuore e voleva tornare. Decise di andare via ma era buio e per arrivare a casa doveva attraversare il bosco. E se incontrava i lupi come avrebbe reagito? Pregò il Bambino Gesù e si incamminò. Incominciò a nevicare e ben presto un mantello candido coprì ogni cosa. La strada non si vedeva più. Il ragazzo iniziò a piangere, ma come per miracolo le cime degli alberi del bosco si coprirono di piccole luci e seguendo quelle luci arrivò a casa dove trovò i genitori che lo accolsero con gioia e tutti insieme festeggiarono la nascita di Gesù. E fu allora che nacque l’usanza di creare l’albero di Natale in ogni casa.

Un’altra. . . Era Natale, tutti erano in festa. In ogni casa regnava l’allegria: si mangiava e si beveva e tutti si preparavano per andare in chiesa e assistere alla messa di mezzanotte, ma in una casa c’era un bambino povero, ma tanto povero, che non aveva nulla da donare a Gesù. Ricordò però di aver visto nel bosco una pianta verde, ma un po’ spinosa. Quel verde della foglia era bello ed allora pensò di raccogliere un ramoscello di quella pianta per donarlo al Bambino Gesù. Si recò nel bosco e staccando un ramoscello fu punto al dito da una spina e le gocce di sangue, cadute sulle foglie, si trasformarono in palline rosse che ancora oggi chiamano l’agrifoglio. Il bambino fu molto contento del dono e sorrise dalla culla.

Ancora un’altra. . . In una capanna, in mezzo al bosco, vivevano due anziani. Erano marito e moglie e non avevano figli. Erano soli e non avevano avuto la forza di fare la legna durante il giorno. Era Natale. Si sentivano in lontananza le campane e la madia era quasi vuota, ma un pezzo di pane duro bagnato nell’acqua bastava a sfamarli. Dalle fessure della porta entravano ventate di gelate e gli anziani tremavano per il freddo. Ad un tratto, spenta la candela, perché non si consumasse, videro in fondo al camino spento, brillare due carboni accesi. Allungarono le mani verso il fuoco e un dolce tepore invase i loro corpi. Ringraziarono il Bambino Gesù della sua premura e si addormentarono. Al mattino, quando si svegliarono, videro in fondo al camino il loro gatto, che li aveva riscaldati con il calore dei suoi occhi.

 

A. Sperandio, fotografa aquilana.