Testo e fotografia di Vincenzo Battista.

“C’era un luogo – raccontano in una frazione del comune dell’Aquila – che si chiamava la noce. Adesso è stata tagliata. Alla noce bisognava far passare sotto le radici, che erano alte dalla terra, le persone e soprattutto i bambini che stavano male…”. Passiamo a piedi per il paese, quasi del tutto abbandonato. I gatti hanno preso possesso di interi agglomerati rurali. I gatti sì, sembra un’ironia, li potremmo forse chiamare con il nome delle persone, perché no, rispetto a tutto quello che abbiamo ascoltato, sugli stregoni prima e le loro pozioni magiche poi, nelle credenze popolari, ovvero la trasformazione della strega, che qui, chiamata “jana” ( forse da Diana, divinità arcaica), è mutata, in una metamorfosi tanto occulta quanto affascinante, si è convertita, in gatto o serpe. Brani, frammenti di racconti quelli ascoltati, di un mondo parallelo, abitato da creature dispettose e temibili che guardano, spiano e si nascondono, iniettano magiche ed occulti malefici, che colpiscono, sì colpiscono, a sentir raccontare questo mondo fantastico delle streghe tentatrici. Un brano : “ Mio padre quando cacciava il tasso, ne metteva un pezzettino sotto le vesti del bambino, così le jane non lo prendevano, perché dovevano contare i peli della pelliccia. Ma le jane non facevano in tempo a contare, ci passavano tutta la notte, così si faceva giorno e il bambino era salvo. Per proteggere la casa dalle jane si metteva dietro la porta la scopa di saggina, le code degli animali, le falciole, le spighe di grano: le streghe dovevano contare i chicchi….”. Dove non era più sufficiente l’intervento delle santità religiose cristiane, queste, venivano abbandonate, appunto in un mondo parallelo abitato dalle creature del male primitivo, e si rompeva , quindi, quel sottile diaframma che apriva ai miti soprannaturali, creati, come ultimo rimedio, ultimo ricorso dalla società contadina. E la religione cattolica non poté nulla contro i rimedi e le pratiche di stregoneria, che così convissero, relegate, ai margini, del culto cristiano. I racconti ascoltati, appassionati, assumono spessore, si modellano intorno al paesaggio circostante, ai luoghi fisici identificati, mappati, e assumono i significati di una geografica esoterica, magica-propiziatoria. Un’incredibile “realtà…”. Eventi conosciuti “da tutto il vicinato”, risultato storico di un accumulo di fonte orale fantastica, di patrimonio immateriale, che le comunità hanno conservato. Un repertorio di credenze magiche e rituali misteriosi, accadimenti prodigiosi legati alle “jane”, le streghe, con i guaritori contadini, gli amuleti curativi e preventivi. Un altro brano. “ Alla sorella di mio marito le jane le intrecciavano il telaio della tessitura, staccavano i fili. Nella camera da letto c’era il sangue che le streghe spargevano e, quando diventavano animali, succhiavano il sangue. Buttavano a terra il caldaio, rompevano i piatti. Per proteggere i miei figli li ho fatti passare dentro le sedie rotte, spagliate. La mattina i contadini si alzavano presto per governare gli animali: mucche, pecore e trovavano le jane dentro le stalle che avevano fatto le trecce alle criniere dei cavalli e alle code delle mucche”. Secondo la tradizione popolare la strega ha poteri eccezionali e li amministra in pratiche che continuamente mutano, si rinnovano, ed è difficile controllare. Infine, ascoltiamo questo racconto. “ Le jane si trasformano, possono diventare una serpe, un gatto, entrano dal buco della porta e sono come un vento. Sugavano le creature. Io ho fatto le nove notti della jana: tutti i parenti intorno al letto del bambino, non si dormiva per nove notti. L’ultima notte la strega usciva, il bambino era salvo”. Era convinzione diffusa che alcuni accidenti occorsi a persone o animali avessero origine nelle attività della “jana”. Bisognava individuarla, attraverso formule magiche, rituali, che portassero alla donna sospettava del maleficio, e quindi lei, era la “jana”, riconosciuta, blandita, relegata ai margini della società contadina in uno scenario appena nei dintorni dell’Aquila , forse crepuscolare la strega, anacronistica, irrituale per le nostre convinzioni, ma che nel bene o nel male ci appartiene: patrimonio della narrazione di una storia minore.
La scheda.
Il Sabba e la stregoneria diffusa
In una Europa precedente all’anno Mille, il Sabba ( convegno di streghe in presenza del demonio con pratiche magiche, orge diaboliche e riti blasfemi), comparso nei borghi e nelle campagne, generò un insieme di paure diffuse, pregiudizi, malessere unito al senso di impotenza della società, che vedeva nella strega il male dei mali da sconfiggere. Le fonti archivistiche documentano i processi per stregoneria unitamente alle Bolle papali, i documenti di carattere dottrinale, tutti indirizzati ad abbattere il maligno che prendeva possesso delle persone, dei luoghi, delle comunità. Nei testi classici invece la “Strix”, la strega, è un uccello notturno di cattivo auspicio che cerca i lattanti per succhiarne il sangue. Il poeta latino Ovidio ( Fasti: VI, 101 e VI, 132) nel ricordare tra gli dei italici Carna, Cardea o Cardna, divinità che proteggeva i bambini dai vampiri e dalle striges, fa diventare la strix una creatura umana che magicamente si trasforma in animale notturno. Questa tradizione è trascinata nel patrimonio delle credenza del Medioevo, e si unisce con il mito di Sabba ( il volo notturno, la possessione diabolica). Per la possessione diabolica, quindi, soprattutto sessuale, non basta più l’esorcismo battesimale, l’uso dei segni, croci e preghiere, ma occorre uno strumento straordinario da parte di un potere straordinario, l’Inquisizione, per combattere gli “animali – demoni stregoni” che s’impossessano del corpo umano; non basta più l’intervento del santo protettore, o il rito di Rogazione ( benedizione del paesaggio rurale), ma occorre l’intervento dell’autorità religiosa per scomunicare, processare, dare la morte con le fiamme del rogo, purificatrici, e ristabilire la “verità”…
Le fotografie e le stampe d’epoca.

L’edicola sacra, la porta di una stalla, gli oggetti e il grano a protezione delle case, la porta con il gatto, la sedia per far passare il neonato, i peli di tasso. Stampe d’epoca che evocano il Sabba: il demonio e le streghe, la cena con gli spiriti maligni, le streghe nelle campagne, la casa e le streghe che fuggono via, il gatto fuori alla porta, il banchetto con il neonato.

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